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Nuovo governo Monti riorienta politica estera verso Washington

Di Marianne Arens
11 gennaio 2012

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese il 6 gennaio 2012

Mario Monti, capo del governo italiano dal 16 novembre, ha fatto notizia soprattutto per le sue rigide politiche di austerità. Significativi sono tuttavia i cambiamenti nella politica estera del suo esecutivo.

La politica estera del suo predecessore, Silvio Berlusconi, era spesso considerata imprevedibile. Berlusconi ha mantenuto una stretta amicizia con il primo ministro russo ed ex capo di Stato Vladimir Putin e la sua vicinanza all'ex leader libico Muammar Gheddafi ha causato irritazione a Washington. Monti sta ora ricostruendo strette relazioni con gli Stati Uniti al fine di avanzare gli interessi italiani in Libia sotto il nuovo regime.

A capo del Ministero degli Affari Esteri Monti ha sostituito Franco Frattini, da lungo tempo confidente di Berlusconi, con Giulio Terzi di Sant'Agata, un conte di discendenza aristocratica lombarda. Terzi ha mantenuto ottimi rapporti con Washington. La Bbc su di lui scrive: "Il nuovo ministro degli Esteri italiano ha un’estesa rete di contatti in nord America. Le sue relazioni con la Casa Bianca sono state decisive per la sua nomina".

Terzi è attivo nei circoli diplomatici da 35 anni e ha lavorato presso le ambasciate italiane a Parigi, Canada e Israele, così come presso la NATO e le Nazioni Unite. Il suo ruolo più recente è stato di ambasciatore italiano negli Stati Uniti, dove ha mantenuto rapporti amichevoli con Barack Obama. Via Twitter, Terzi sostiene apertamente le sanzioni contro l'Iran. La sua specialità è la "sicurezza internazionale" e la "guerra al terrorismo".

Dal 2002 al 2004, Terzi è stato ambasciatore italiano in Israele. Durante questo periodo, dove l'Italia era alla presidenza dell'Unione Europea (2003), ha svolto una campagna per il miglioramento delle relazioni UE-Israele. Al culmine della seconda intifada, ha assicurato una visita in Israele per l'ex ministro degli Esteri di Berlusconi, Gianfranco Fini. La visita di Fini in Israele è stata di grande importanza simbolica. A quel tempo, Fini era il leader di Alleanza Nazionale, il partito successore del neo-fascista Movimento Sociale Italiano (MSI). L'accoglienza a Gerusalemme è stata ritratta come una rottura con il suo passato e un abbraccio della democrazia.

Fini oggi è presidente della Camera. Dopo la sua rottura con Berlusconi e il Popolo delle Libertà (PdL), Fini è ora a capo del cosiddetto "Terzo Polo", che comprende Terzi nei suoi ranghi. A differenza di Fini, però, Terzi è rimasto fedele a Berlusconi fino alla fine. Il Terzo Polo è di supporto a Monti e tratta l'autocratico economista come uno dei suoi.

Nel 2008 e nel 2009, Terzi è stato rappresentante permanente dell'Italia presso le Nazioni Unite a New York (dove era stato attivo anche precedentemente, nel periodo 1993-1998). Nel 2007-2008, è stato capo della delegazione italiana al Consiglio di sicurezza dell'ONU. La questione chiave di politica estera all'epoca era l’impegno italiano in Afghanistan.

Lo scorso 16 dicembre, Terzi si è incontrato a Roma con il leader Consiglio Nazionale di Transizione libico (CNT) Mustafa Abdul Jalil, e ha promesso di liberare € 600 milioni di fondi libici sequestrati in Italia. Jalil è stato ricevuto anche dal primo ministro Monti e il presidente Giorgio Napolitano, e l'Italia ha ufficialmente rinnovato il trattato di amicizia con la Libia, che Berlusconi aveva forgiato con Gheddafi. Il contratto era stato annullato dalla guerra in Libia, che l'Italia ha poi sostenuto dopo qualche esitazione iniziale.

Ora, però, l'Italia, ex potenza coloniale, mira a mettere le mani sulle risorse di gas naturale e petrolio di cui il paese nordafricano è ricco. Al World Petroleum Congress a Doha ai primi di dicembre, il gruppo petrolifero ENI, che è anche il più grande produttore straniero di petrolio in Libia, ha annunciato che la sua produzione di greggio in quel paese è stata ripristinata a circa il 70 per cento dei livelli pre-guerra.

L'amministratore delegato di ENI Paolo Scaroni ha dichiarato: "In questo momento stiamo producendo circa 200.000 barili al giorno, tutto procede bene". Dal rovesciamento di Gheddafi, la produzione di petrolio è ripresa "meglio di quanto sperassimo”. Scaroni ha dichiarato che è sempre stato convinto che il nuovo governo della Libia si sarebbe conformato ai trattati che aveva sottoscritto con l'Italia.

Una quota del 30 per cento di ENI rimane ancora nelle mani dello Stato italiano. Il Gruppo ENI è presente in Libia dal 1959, e l'Italia è il più grande acquirente straniero di petrolio e gas libico. Prima della guerra, la produzione italiana in Libia era in media di 280.000 barili al giorno. A quel tempo, la Libia produceva un totale di 1,6 milioni di barili al giorno, di cui 1,3 per l'export.

La Libia ha le maggiori riserve di petrolio in Africa. Il capo del cartello dell'Opec, Abdullah El-Badri, ha detto a Doha che la produzione petrolifera libica dovrebbe raggiungere i livelli pre-guerra entro la metà del 2012.

Altre compagnie petrolifere internazionali che cercano quote di profitti in Libia sono la società francese Total, la spagnola Repsol, la tedesca Wintershall e l'austriaca OMV. Alla fine di settembre, prima ancora della fine ufficiale della guerra, la Total ed l'ENI sono state le prime a riprendere la produzione e il trasporto del petrolio. Insieme alla società di stato Libyan National Oil Company, l'ENI gestisce l'azienda di distribuzione Mellitha Oil & Gas.

Il CNT vuole escludere la Russia e la Cina dalla sua produzione di petrolio e gas. Nel fare ciò, è perfettamente in linea con le richieste fatte da Washington.

 



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