Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in inglese il 2 dicembre 2011
La decisione unilaterale da parte dell'amministratore delegato
Fiat Sergio Marchionne di disdire tutti gli accordi sindacali
collettivi a partire dal primo gennaio 2012 rappresenta un attacco
di dimensioni storiche alle conquiste dei lavoratori che furono
frutto di decenni di dure lotte.
La mossa segue la decisione di Marchionne di ritirare l'adesione
della Fiat da Confindustria, in modo da liberare il produttore
di auto da qualsiasi vincolo nazionale e da standard di lavoro
nei futuri negoziati.
Nel mese di ottobre, Marchionne ha ribadito la sua minaccia
di chiudere tutta la produzione in Italia se i lavoratori non
avessero accettato le dure concessioni richieste. " Fiat
non può permettersi di operare in Italia in un quadro di
incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto
il mondo industrializzato", ha dichiarato.
In larga misura, l'AD Fiat sta usando il basso salario di riferimento
stabilito dalle operazioni del sindacato United Auto Workers di
Fiat-Chrysler negli Stati Uniti per distruggere le condizioni
anche dei lavoratori italiani.
Fiat prevede di estendere le condizioni già imposte
agli operai della fabbrica di Pomigliano (NA) e dello stabilimento
di Mirafiori a Torino al resto d'Italia. In particolare, vuole
abolire la contrattazione collettiva nazionale a favore di contratti
aziendali specifici e individuali, limitare il diritto di sciopero
e imporre più ore di lavoro anche nei fine settimana. Vuole
anche limitare la rappresentanza sindacale in fabbrica, stabilire
regole più severe per le assenze per malattia e ridurre
le pause.
Come nei suoi stabilimenti americani di Chrysler, anche Fiat
vuole imporre un basso salario di "secondo livello"
e importare la "flessibilità del lavoro" in stile
americano, consentendole quindi di poter licenziare i lavoratori
per motivi economici senza vincoli restrittivi e minacciare licenziamenti
di massa per ricattare i lavoratori ad accettare tagli salariali
e altre concessioni.
Le innumerevoli misure di austerità attuate dal precedente
governo Prodi e Berlusconi così come dall'attuale "governo
tecnico" del primo ministro Mario Monti vengono anche utilizzate
per minare le garanzie e condizioni di lavoro e per precarizzare
i lavoratori.
I dirigenti Fiat hanno detto chiaramente che intendono sfruttare
la crisi economica per ristrutturare le loro operazioni globali
e aumentare i profitti. Parlando agli analisti del settore nel
mese di ottobre, il presidente Fiat John Elkann si è vantato
che l'azienda avrebbe utilizzato la crisi per "ricalcolare
le sue priorità e sfruttare le opportunità",
come era stato con l'acquisizione di Chrysler in bancarotta nel
2009.
La prima vittima dei piani industriali del governo e di Marchionne,
cinicamente denominati "Fabbrica Italia", è stata
la chiusura dopo 41 anni dello stabilimento di Termini Imerese
in Sicilia la scorsa settimana.
Dopo anni di aspre battaglie contro la chiusura dell'impianto,
ai lavoratori è stata offerta una miseria (i cosiddetti
"incentivi alla mobilità") e pacchetti di pensionamento
anticipato (una media di 22.850 per lavoratore) prima di
essere buttati fuori dalla porta. In quella zona così economicamente
depressa del sud Italia, dove opportunità di impiego sono
pressoché inesistenti, la chiusura dell'impianto produrrà
miseria per migliaia di famiglie. Con 21.500.000, la Fiat
si è potuta lavare le mani di 640 famiglie e spostare la
produzione in aree che garantiscono una riduzione dei costi e
rendimenti più elevati.
"E 'tutto finito, non c'è più futuro, non
c'è niente" ha dichiarato ai media locali Francesco
Li Greci, che ha trascorso 34 anni alla catena di montaggio. Un
altro lavoratore ha lamentato, " Il signor Marchionne non
sa il danno che ha fatto. Cosa facciamo con le nostre famiglie?"Il
suo collega ha aggiunto: "Ho le palpitazioni, dopo 36 anni
di lavoro qui dentro. Ci hanno trattato come i cani".
Marchionne è stato ben compensato per i suoi attacchi
contro i lavoratori, intascando 3,1 milioni nel 2010. Ma
non avrebbe mai potuto fare tanto danno senza la complicità
dei sindacati che hanno forzato i lavoratori ad accettare i ricatti
dell'azienda.
L'accordo siglato lo scorso giugno da CGIL, CISL, UIL e da
Confindustria (che allora ancora comprendeva Fiat) ha posto le
basi per l'ultima mossa di Marchionne (vedi Sciopero
generale in Italia contro la manovra) accelerando il
processo di "ristrutturazione" dei rapporti di lavoro.
I sindacati CISL e UIL hanno apertamente appoggiato la decisione
di Marchionne di abrogare gli accordi nazionali. Il segretario
della CISL Raffaele Bonanni ha rassicurato l'amministratore delegato
"non faremo scioperi contro la Fiat", mentre Luigi Angeletti
della UIL ha elogiato il recesso dagli accordi per "dar vita
ad un nuovo contratto che rilanci l'industria dell'auto nel nostro
Paese".
La loro posizione sulla chiusura di Termini Imerese è
ulteriormente rivelatrice. Bonanni ha accolto con favore le aperture
fatte da altri investitori, come il proprietario di DR Motor Massimo
Di Risio, che hanno lacquolina alla prospettiva di imporre
salari da fame in cambio dell'acquisizione e messa in funzione
dell'impianto.
In una dichiarazione, che rivela la sua totale subordinazione
al capitalismo e il vicolo cieco rappresentato dal nazionalismo
sindacalista, Angeletti (Uil) ha dichiarato: "nell'era della
globalizzazione il lavoro si difende solo se è competitivo".
Il ruolo della FIOM-CGIL, tradizionalmente associato agli stalinisti
dell'ex Partito Comunista Italiano (PCI) è ancora più
insidioso. In definitiva supporta Marchionne come gli altri sindacati
ma si sta anche posizionando per scongiurare qualsiasi resistenza
da parte dei lavoratori. Da un lato si pone come un sindacato
militante mentre dall'altro la FIOM-CGIL svende il futuro dei
lavoratori.
Termini Imerese è un esempio calzante. Dopo aver indetto
una serie di scioperi isolati per far sbollire la rabbia dei lavoratori,
la FIOM-CGIL non solo ha firmato l'accordo finale, ma ha anche
contribuito a ridurre i trattamenti fine rapporto nell'ennesima
concessione ai datori di lavoro. Il leader FIOM Enzo Masini si
è vantato, "Per responsabilità rispetto al
territorio i lavoratori siamo disponibili a ridurre gli incentivi".
Come se non bastasse, in un comunicato ufficiale i funzionari
della CGIL hanno lodato il lavoro del banchiere Corrado Passera
(neo ministro dello sviluppo economico nel governo Monti) "per
costruire una soluzione basata sul rispetto degli interessi in
campo". In altre parole, il sindacato si affida a un governo
di banchieri nominato in maniera antidemocratica da parte della
Banca Centrale Europea (BCE).
Come per la UIL di Angeletti, la subordinazione della CGIL
al sistema capitalista è evidente nel suo atteggiamento
verso la DR Motor. " Ora - ha dichiarato il segretario confederale
Vincenzo Scudiere - c'è bisogno che l'acquirente confermi
tutte le disponibilità annunciate per avviare la produzione
e rilanciare lo stabilimento. Che l'accordo previsto con
la nuova società prevede una frazione del precedente salario
non è menzionato dalla CGIL.
In realtà la FIOM-CGIL sostiene la decisione di Marchionne
di cancellare i contratti collettivi. La sua unica condizione
è che l'apparato sindacale mantenga la sua posizione giuridicamente
sancita, per sorvegliare la forza lavoro e continuare a raccogliere
le quote sindacali.
Il Segretario Nazionale Susanna Camusso ha reso ciò
chiaro dicendo: "se la decisione di FIAT di applicare il
contratto di Pomigliano in tutti gli stabilimenti del gruppo risultasse
vera, sarebbe utile fare fronte comune con CISL e UIL per difendere
la garanzia dei sindacati di essere presenti nei luoghi di lavoro
ed essere liberi di esercitare le loro prerogative".
La paura principale dei dirigenti sindacali è che la
decisione di Marchionne possa provocare una ribellione da parte
dei lavoratori che gli stessi sindacati non sarebbero in grado
di controllare. Con il supporto delle forze politiche di pseudo-sinistra,
dal Partito Democratico ai pablisti di Sinistra Critica, il leader
di FIOM Maurizio Landini ha fatto un appello ai banchieri del
governo dicendo: " il nuovo governo dica che cosa pensa sul
caso Fiat".
All'inizio di questa settimana, tutti i sindacati, FIOM compresa,
si sono seduti con Fiat per avviare i negoziati per un nuovo contratto.
Il fatto stesso che si discuta un accordo all'indomani della disdetta
del contratto da parte di Fiat, è la conferma che i sindacati
si stanno muovendo per imporre condizioni che assomigliano a,
o sono addirittura peggiori di quelle imposte ai lavoratori negli
Stati Uniti.
Nel nome della "competitività" nazionale,
i sindacati metalmeccanici su entrambi i lati dell'Atlantico sono
in competizione per vedere chi può imporre i tagli più
pesanti ai rispettivi tesserati. Ciò sottolinea la necessità
di dover rompere con queste organizzazioni nazionaliste e pro-capitaliste
e unificare lavoratori dell'auto sui scala globale contro i dettami
delle aziende e delle banche.
Ciò che ci si può aspettare in Italia è
che i contratti di Pomigliano e Mirafiori diventeranno la nuova
norma. Questo non sarà limitato all'industria automobilistica:
il nuovo governo sta preparando un iniziale pacchetto di tagli
pari a 25 miliardi di attacchi alle pensioni, all'istruzione
pubblica, ai servizi sociali, tutto in nome di una maggiore produttività
ed efficienza. Questa è l'essenza del carattere classista
di queste misure brutali, che impoveriscono le persone che lavorano
e arricchiscono i veri responsabili della crisi, i banchieri e
gli speculatori.