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L’Expo 2015 e il Primo Maggio rivelano profondi antagonismi di classe

Di Marc Wells
12 maggio 2015

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese l11 maggio 2015

Il 1° maggio si è aperta a Milano l’Esposizione Universale, conosciuta anche come Expo 2015. Usando slogan fuorvianti e falsamente umanitari, come: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, l’Expo 2015 è un’orgia di aziende alla quale prendono parte 145 paesi di tutto il mondo.

Il sito web dell’Expo dichiara che: “Expo Milano 2015 è una vetrina unica di opportunità e business... Importanti aziende leader nei settori dell’innovazione, della tecnologia, dell’energia, della mobilità, della sicurezza e del banking, hanno deciso di investire nel progetto in qualità di partner.” ?Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: “l’Expo sia un punto di svolta. Oggi parte un nuovo ciclo. Non ho mai avuto dubbi sulla capacità dell’Italia di ripartire”

Viene così dipinta la falsa immagine dell’Expo come un’occasione unica per l’Italia nel suo complesso.

La realtà è che aziende come la Coca-Cola, la casa automobilistica Fiat Chrysler, il gigante della difesa Finmeccanica, la multinazionale del petrolio ENI e la banca Intesa San Paolo sono solo alcuni dei potenti sponsor dell’Expo. Grandi aziende mondiali, oltre alle istituzioni internazionali filo-imperialiste come l’Unione Europea e le Nazioni Unite, intendono prendervi parte.

La giornata di apertura ha messo in luce la dicotomia lampante fra due Italie: quella dell’Expo delle grandi imprese e quella della popolazione lavoratrice; essa ha coinciso con il Primo Maggio, il cui retaggio si basa sulle sanguinose lotte dei lavoratori che, ispirati da idee socialiste, hanno conquistato diritti sociali fondamentali, come la giornata di 8 ore.

Quest’anno, oltre al tradizionale corteo del Primo Maggio, guidato e controllato dalla federazione sindacale CGIL-CISL-UIL, che ha ridotto la celebrazione a una serie di eventi burocratici superficiali, come concerti musicali e manifestazioni senza senso, un’organizzazione chiamata No-Expo è comparsa in piazza nel pomeriggio, con il dichiarato intento di “festeggiare l’epico floop (sic) di ExpoMilano2015.”

La crisi sociale in Italia è intensa: tra il 2007 e il 2014 la disoccupazione in Italia è raddoppiata, la percentuale di giovani tra i 15 e i 24 anni che non non studia né persegue una formazione al lavoro (NEET) è saltata dal 16,2 al 22,2 per cento. Il tasso di forza lavoro attiva è diminuito dal 62,8 al 55,7 per cento, quasi 15 punti al di sotto dell’obiettivo di sicurezza del 70 per cento dell’Unione europea.

I lavoratori sono sempre più frustrati dalla collusione dei sindacati con il governo del primo ministro Matteo Renzi. Il suo Jobs Act facilita i licenziamenti e l’introduzione di una nuova forma contrattuale, in base alla quale i nuovi assunti non ricevono praticamente alcun beneficio, mentre i benefici della Cassa Integrazione vengono progressivamente erosi.

Nel luglio 2013 i sindacati hanno firmato un accordo con l’Expo 2015 che, secondo l’ex-stalinista CGIL, “risponde alle esigenze di eccezionalità, derivanti da questa opportunità di sviluppo, attraverso la contrattazione e non l’impianto legislativo derogatorio.”

Oltre alla miserabile creazione di solamente 640 posti di lavoro e 195 posizioni di apprendistato, l’accordo si impegna a “generare 475 opportunità di volontariato. Tale valore moltiplicato per il periodo di presenza giornaliero (minimo 5 ore) e per una permanenza media di due settimane... consente di coinvolgere circa 18.500 volontari.”

Inoltre, non vi sono disposizioni per l’occupazione oltre la durata dei sei mesi dell’Expo, mentre l’apprendistato, nella maggior parte dei casi, sarà di 12 mesi, durata doppia della fiera vera e propria.

Questi meccanismi sono tipici di come i sindacati facilitano la ristrutturazione e la frammentazione del lavoro: con la rotazione dei posti di lavoro di volontariato, l’accordo garantisce l’uso del lavoro gratuito e crea posti di lavoro ancora più precari, senza benefici o sicurezza.

La CGIL dichiara che questa è “una risposta equilibrata alle esigenze di flessibilità connesse all’evento espositivo.” In altre parole, i sindacati hanno rispettato pienamente le esigenze del capitale per demolire i diritti dei lavoratori e stabilire un nuovo standard, basato su lavoro gratuito e iper-sfruttamento.

Questo è il modello della lotta mondiale contro la scarsità di cibo e la malnutrizione supportato dai principali sindacati, nonché dal Presidente del Consiglio Renzi, il quale ha cinicamente chiamato l’Expo “una grande occasione per la qualità della vita, di life style e per dichiarare guerra alla povertà in un mondo dove un miliardo muore per l’obesità ed un altro miliardo muore perché non ha cibo “

Lo scopo degli organizzatori di No-Expo è quello di colmare l’immenso vuoto creato dalla traditrice collaborazione dei sindacati con i datori di lavoro. No-Expo è un conglomerato di tendenze di pseudo-sinistra borghesi, il cui programma sostiene il capitalismo, mentre chiede solo l’opportunità di avere un ruolo più importante nello sfruttamento futuro.

Mentre CGIL-CISL-UIL vengono smascherate e screditate, i centri sociali, i “Sindacati di base”, i dissidenti CGIL e la cosiddetta “sinistra radicale” (più precisamente la pseudo-sinistra) uniscono le loro forze per contenere e soffocare il malcontento della classe lavoratrice.

Un ruolo di primo piano in questo sforzo è sostenuto da Sinistra Anticapitalista (SA), successore della disciolta e completamente screditata Sinistra Critica. Essa proclama che il suo scopo è quello di sviluppare “un progetto rivoluzionario e libertario per il socialismo.”

Il percorso politico di SA segue la logica della sua storia. Dopo lo scioglimento del Partito Comunista Italiano stalinista (PCI), la continuità del dominio borghese è stata garantita con la creazione di due nuovi partiti: un’organizzazione borghese, che è oggi il Partito Democratico (PD), e un’alternativa: Rifondazione Comunista, volta a mantere il controllo del vuoto venuto a crearsi a sinistra.

Nel corso dei due decenni successivi alla scissione, Rifondazione ha costantemente fornito la copertura di “sinistra” per tutte le politiche sociali reazionarie attuate dal centro-sinistra: dalle estese privatizzazioni, ai massicci tagli dei programmi e pensioni sociali, agli interventi imperialisti.

Fino al 2006, Rifondazione aveva incorporato molte tendenze opportunistiche, che coprivano un ruolo vitale nel fornire sostegno alle politiche anti-lavoratori. Una volta che l’opposizione dei lavoratori a queste politiche e il declino degli appartenenti al partito stesso hanno segnalato che l’imminente collasso di Rifondazione era all’orizzonte, le varie fazioni hanno cercato di garantire il mantenimento di una copertura a “sinistra”.

Pertanto, i leader di queste fazioni hanno creato nuovi mezzi per contenere politicamente la classe lavoratrice: Marco Ferrando, un membro veterano di Rifondazione e con una lunga storia nel Segretariato Unificato pablista, ha formato il Partito Comunista dei Lavoratori (PcdL); mentre Franco Turigliatto, ex senatore di Rifondazione, dopo aver fornito un appoggio determinante al governo imperialista di centro-sinistra di Prodi, ha creato Sinistra Critica, ora disciolta in SA.

Questi partiti condividono una strategia comune: l’opposizione alla classe lavoratrice come unica forza sociale capace di rovesciare il capitalismo, e sostituiscono agli interessi dei lavoratori le esigenze della piccola borghesia, in linea con il dominio capitalista.

Essi vedono con ostilità la mobilitazione indipendente di lavoratori su base socialista e non come una strategia percorribile. Al contrario, essi si occupano di “poter dialogare con quel pezzo di città [di Milano] incerto sul giudizio [dell’Expo]”, come dichiara il PCdL mentre loda la miriade di gruppi che hanno aderito alla manifestazione No-Expo, con cui questo partito è politicamente allineato.

Oppure si congratulano per aver “partecipato, senza se e senza ma, alla grande e bella manifestazione No Expo del Primo Maggio a Milano, assieme allo spezzone de L’Altra Europa con Tsipras [ulteriore gruppo che simpatizza e sostiene l’orientamento pro Banche di Syriza] e negli spezzoni sindacali.” Niente puzza più di opportunismo piccolo-borghese che la loro posizione.

Secondo i suoi organizzatori, la manifestazione No-Expo ha mobilitato 30.000 persone. Circa 300 manifestanti “black bloc” hanno vandalizzato vetrine (alcune erano state contrassegnate dai manifestanti No-Expo con una X blu), incendiato alcune automobili e si sono coinvolti in scontri fisici con la polizia.

Mentre non vi è alcuna ragione per cui escludere la possibilità di agents provocateurs di Stato dietro queste azioni, è anche vero che gli elementi anarchici sono di casa in una manifestazione guidata dai pablisti, dato il loro obiettivo politico comune: sabotare ogni possibilità di un movimento indipendente di massa dei lavoratori e di distogliere l’attenzione dalle contraddizioni sociali alla base del capitalismo; contemporaneamente viene dato libero passaggio allo Stato per mettere in atto misure reazionarie degne di uno stato di polizia.

L’Expo continuerà indisturbata a maggior beneficio degli interessi delle grandi imprese. I prossimi sei mesi saranno un’escalation di precarietà e di iper-sfruttamento del lavoro. La classe lavoratrice dovrà porsi più ampie domande riguardo una strategia politica.

I lavoratori devono prendere coscienza dei loro nemici della falsa sinistra e lottare contro questi, che gridano slogan radicali mentre disprezzano e temono la classe operaia e stipulano accordi con sezioni della borghesia. Questa lotta richiede un’unità internazionale dei lavoratori basata su un programma realmente socialista.

 



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