Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in inglese l8 aprile 2015
Il 20 marzo più di 2.000 dipendenti Alitalia, piloti
e personale di cabina, hanno scioperato per otto ore. Questo sciopero
è coinciso con un arresto di lavoro da parte di tutti i
dipendenti della Meridiana Airline in Sardegna e uno sciopero
di otto ore dei controllori di volo dellagenzia di sicurezza
aerea Ente Nazionale Assistenza al Volo, contro la privatizzazione
dellENAV. Circa 300 voli sono stati cancellati negli aeroporti
italiani e tutti i viaggi aerei sono stati oggetto di notevoli
ritardi. Un altro sciopero di 24 ore è stato annunciato
per il 7 maggio.
La ragione immediata per lo sciopero è stato il fallimento
dei colloqui sui contratti tra il management e alcuni sindacati
(Uitrasporti, Anpav, Anpac). In realtà il tutto avviene
nel contesto di una drastica azione globale, mirata alla riduzione
dei costi, a spese dei lavoratori del settore aereo.
Mentre le compagnie aeree stanno combattendo questo conflitto
a livello globale, con le aziende più grandi che prendono
il controllo di concorrenti più piccoli, i sindacati perseguono
una strategia puramente nazionale, generalmente finendo per sostenere
i programmi di riduzione dei costi nei confronti dei propri membri,
nellinteresse della competitività.
Il comportamento di Alitalia è esemplare di questo processo.
Sebbene i rappresentanti della European Cockpit Association
(ECA), che rappresenta i piloti provenienti da 36 paesi, si siano
recati a Roma per dare il loro sostegno al sindacato dei piloti
italiani Anpac, il tutto era semplicemente per convincere Alitalia:
che un rapporto produttivo e positivo, con un sindacato
dei piloti professionisti è il modo più efficace
per avere successo nel mercato di oggi.
Sempre il 20 marzo, scioperavano i piloti della compagnia aerea
tedesca Lufthansa, ma senza cooperazione con lo sciopero Alitalia.
Eppure, in entrambi i casi, i problemi sono gli stessi: difesa
delle condizioni di lavoro e dei salari contro gli attacchi diretti
del management e della sua strategia di esternalizzazione delle
attività (outsourcing) a compagnie aeree a basso costo.
Mentre Lufthansa giustifica le misure di riduzione dei costi,
citando la concorrenza dalle compagnie aeree a basso costo come
Ryanair e Easyjet e dei ben finanziati vettori arabi, come Emirates
e Etihad, Alitalia è già stata rilevata da Etihad.
La compagnia aerea araba, con sede ad Abu Dhabi, dalla scorsa
estate ha il controllo del 49 per cento delle azioni della società
italiana; la nuova ragione sociale è: Alitalia SAI, Società
Aerea Italiana.
La gestione della neo-fondata società è dominata
da vecchi capitani di industria delle grandi imprese italiane
e da un rappresentante di Etihad. Il presidente è Luca
Cordero di Montezemolo, da lungo tempo a capo di Fiat, Ferrari
e Maserati; il presidente del consiglio di amministrazione è
Silvano Cassano, ex amministratore delegato di Benetton, e il
vice presidente è James Hogan, il rappresentante di Etihad.
Dal coinvolgimento di Etihad, iniziato il 1° gennaio 2015,
non vi è stato alcun accordo contrattuale con i lavoratori.
I lavoratori in sciopero chiedono che i salari dei dipendenti
della compagnia aerea regionale City Liner vengano allineati con
quelli della società principale, e che venga reintrodotta
la tredicesima, che è stata eliminata per alleggerire le
difficoltà finanziarie della società.
Ma la fonte primaria del conflitto con i lavoratori è
il rifiuto della compagnia aerea di abbandonare il cosiddetto
wet lease; in base a tale pratica, non solo gli aerei
di altre società, ma anche il loro equipaggio sono affittati
e pagati secondo gli accordi salariali più economici dellappaltatore
esterno.
Sebbene Cassano abbia spiegato che il management non ha intenzione
di esternalizzare parti di Alitalia a contraenti esterni, sembrerebbe
che questa pratica sia stata usata da Alitalia per anni. Due anni
fa, il disoccupato Ivan Mosenghini, che aveva precedentemente
lavorato come pilota con Alitalia per 26 anni, ha scritto in una
lettera al Corriere della sera che diversi aerei avevano
volato sotto falsa bandiera; anche se portavano il
logo Alitalia in realtà appartenevano a una flotta aerea
a basso costo.
Mosenghini si riferiva ad una serie di contratti stipulati
da Alitalia con subappaltatori, come la compagnia aerea rumena
Carpatair. Queste aziende pagavano i lavoratori fino al 40 per
cento in meno rispetto alla società principale. In tal
modo, Alitalia stava abbandonando la professionalità
di centinaia di piloti. Utilizzando il logo Alitalia, Carpatair
ingannava i passeggeri che vengono portati a credere che
nulla sia cambiato.
Negli ultimi anni, ad Alitalia, riduzioni di costi si sono
susseguite. Dopo la seconda guerra mondiale, la compagnia aerea
apparteneva allo Stato ed era gestita dallIstituto per la
Ricostruzione Industriale, fino a quando fu gradualmente privatizzata
nel 1990; ma, fino alla crisi finanziaria del 2008, il ministero
delleconomia e delle finanze era ancora proprietario di
metà delle azioni della società.
Poi, nellautunno del 2008, un consorzio di aziende e
banche ha rilevato la società aerea, che era praticamente
in bancarotta.?Ciò fu organizzato da Silvio Berlusconi,
che era allora primo ministro per la terza volta, e che aveva
fatto la promessa elettorale di salvare la compagnia di bandiera.
Berlusconi bloccò il piano di ripresa di Alitalia da parte
di AirFrance, permettendo alle banche Intesa Sanpaolo e UniCredit
e alle imprese Fiat, Benetton, Piaggio e allimpresa siderurgica
Riva lacquisizione delle parti più redditizie della
società; mentre i debiti rimanevano allo Stato. Per raggiungere
questo obiettivo, Berlusconi riscrisse la legge fallimentare italiana.
Così nacque Alitalia CAI (Compagnia Area Italiana),
che oggi controlla il restante 51 per cento delle azioni di Alitalia.
Allinizio del 2009, su un totale di 20.000, sono stati tagliati
5.000 posti di lavoro. Ma anche dopo questo, la compagnia aerea
non è emersa dai debiti e ha continuato la sua ricerca
di un partner globale con Air France, KLM, Lufthansa, Delta Airlines
e in ultima analisi Etihad.
Lacquisizione del 49 per cento delle azioni Alitalia
da parte di Etihad ha determinato una ulteriore ristrutturazione
e la distruzione di posti di lavoro. Questo è stato il
risultato ottenuto per ogni compagnia aerea dove Etihad ha investito.
Dal momento in cui Etihad investì in Air Berlin nel 2011,
più di 1.000 posti di lavoro sono stati tagliati; Air Serbia
ha perso 333 posti di lavoro e Air Seychelles ne ha persi 250.
Linvestimento di Etihad in Alitalia ha provocato il licenziamento
di 240 piloti e 750 personali di cabina. La compagnia aerea sussidiaria
AirOne è stata chiusa nellautunno 2014. Alitalia
e AirOne dieci anni fa impiegavano 2.500 piloti; oggi Alitalia
ne impiega appena 1.300, a malapena la metà.
Dalla privatizzazione del 2008, i salari sono stati ridotti
drasticamente. Secondo le stime del quotidiano La Stampa,
il salario lordo di un pilota italiano, a quel tempo, poteva raggiungere
i 240.000 euro. Con la fondazione di Alitalia CAI, questi stipendi
sono stati decurtati ferocemente e resi dipendenti dalle ore volate
effettive. Da allora, i piloti Alitalia sono pagati direttamente
solo il 30 per cento dei loro salari, mentre il restante 70 per
cento è costituito da premi, calcolati sul numero di ore
di volo.
Nello stesso articolo de La Stampa, Gregory Alegi, docente
di gestione delle linee aeree allUniversità di Roma,
ha scritto che questo sviluppo è parte di una tendenza
globale. ?La nuova struttura salariale garantisce un massimo
di flessibilità dei costi alle compagnie aeree, ma costringe
i piloti ad accettare grandi tagli salariali se le rotte sono
state accorciate o voli annullati.
I sindacati hanno sostenuto questo sviluppo in tutti gli elementi
essenziali. Nel 2009 hanno deciso leliminazione di 5.000
posti di lavoro Alitalia, e quando è arrivata Etihad, hanno
reso certo che lattacco ai lavoratori venisse accettato.
Il quotidiano degli Emirati Arabi Uniti National ha
citato il capo del sindacato dei piloti, Giovanni Galiotto: pensiamo
che i licenziamenti siano davvero necessari. La nostra opinione
è che è sbagliato incolpare Etihad per i licenziamenti,
perché questi esuberi sono il frutto della privatizzazione.
In virtù del principio di salvare la gente, è necessario
accettare qualche perdita.
Il recente schianto di un aereo GermanWings nelle Alpi francesi
ha dato nuova urgenza alla discussione sulle condizioni di lavoro
affrontate dai piloti. La catastrofe, che è stata probabilmente
causata da un co-pilota che soffriva di gravi problemi di salute
mentale, dimostra quanto sia importante che ci sia un numero sufficiente
di piloti ben riposati, motivati e in buona salute nella cabina
di guida.
Alla luce di questo evento, la lotta dei piloti Alitalia, Lufthansa
e delle altre compagnie aeree assume una nuova dimensione. Essi
stanno difendendo le loro condizioni di lavoro, salari, posti
di lavoro e le pensioni, non solo nel proprio interesse, ma anche
a beneficio dei passeggeri delle compagnie aeree e della società
nel suo complesso.