Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in inglese il 15 dicembre 2014 e in tedesco il 16 dicembre 2014
Venerdì scorso, durante la più recente azione
di protesta contro il Jobs Act del governo Renzi, centinaia di
migliaia di persone hanno partecipato a manifestazioni in tutta
Italia. Uno sciopero generale di otto ore ha paralizzato gran
parte dei trasporti e dei servizi pubblici e i manifestanti sono
scesi in strada in 54 città.
Lo sciopero ha toccato i trasporti pubblici, le scuole, gli
ospedali e gli uffici amministrativi del governo. Anche lindustria
privata è stata coinvolta, particolarmente nel settore
ingegneria e auto. Il traffico aereo e ferroviario si è
fermato per praticamente otto ore; inizialmente i lavoratori del
settore dei trasporti pubblici avevano ricevuto il divieto di
partecipare allo sciopero; però, allultimo minuto,
il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi ha revocato il divieto.
Lo sciopero e le proteste erano diretti contro il programma
di austerità del governo guidato da Matteo Renzi e soprattutto
contro la sua cosiddetta Jobs Act che dà mano libera ai
datori di lavoro di assumere e licenziare, cancellando
in tal modo gli ultimi residui di tutela delloccupazione
in Italia. Il parlamento ha già approvato la riforma del
mercato del lavoro di Renzi e ora molti lavoratori industriali
temono licenziamenti di massa nel prossimo futuro.
I lavoratori di interi settori dellindustria, per esempio
i lavoratori della Fiat, negli ultimi anni sono stati ripetutamente
costretti a lavorare a orario ridotto; adesso, giustamente, temono
che la nuova legge eliminerà la parca protezione contro
la disoccupazione e i miseri livelli di compensazione della Cassa
Integrazione per i tempi di lavoro ridotti.
Anche un gran numero di pensionati erano presenti alle manifestazioni.
Prima ancora della piena attuazione del programma di austerità
di Renzi, moltissimi pensionati si erano trovati a lottare per
la sopravvivenza, con pensioni di circa 500 al mese. La
crisi economica e gli attacchi alla socialità occorsi negli
ultimi quattro anni, sotto gli ex primi ministri Silvio Berlusconi,
Mario Monti, Enrico Letta, e ora Matteo Renzi, hanno creato una
massa di pensionati condannati alla povertà. Questi stessi
programmi di austerità hanno raddoppiato la disoccupazione
e portato la disoccupazione giovanile a livellI di circa il 50
per cento.
Le proteste di Milano e Torino sono state marcate da feroci
scontri tra manifestanti e polizia. A Milano, polizia e carabinieri
hanno usato i gas lacrimogeni e i manganelli contro i manifestanti,
tra i quali qualcuno era vestito da Babbo Natale. I manifestanti
avevano tentato di scavalcare la recinzione di fronte alla sede
del governo regionale della Lombardia. A Torino la polizia ha
brutalmente attaccato una sezione della manifestazione, ferendo
molti partecipanti. Ci sono state decine di arresti.
La reazione del premier Renzi alle proteste è stata
di specificare che attuerà il suo programma il più
rapidamente possibile. Renzi ha commentato: non sono tipo
da farmi impressionare... non siamo un governo che cambia opinione
perché cè una piazza. La posizione di
Renzi contro la classe lavoratrice è sostenuta da importanti
rappresentanti della borghesia italiana ed europea.
Martedì scorso, appena tre giorni prima dello sciopero,
Christine Lagarde, la direttrice del Fondo Monetario Internazionale,
ha fatto una comparsa alluniversità Bocconi di Milano
e ha sottolineato che il Jobs Act di Renzi è uno
strumento importante per indebolire il divario tra lavoratori
precari e lavoratori con diritti altamente protetti; esso stimolerà
il mercato del lavoro.
Anche il presidente tedesco Joachim Gauck appoggia Renzi; giovedì
Gauck era volato a Torino per aprire un forum economico italo-tedesco
insieme al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Gauck
ha dichiarato che percepiva un grande apprezzamento, in
Germania per gli ambiziosi piani di riforma del governo di Matteo
Renzi. Da parte sua Napolitano ha parlato delle decisioni
già prese, come quella della legge di riforma del mercato
del lavoro.
Il giorno dello sciopero generale, il ministro delle Finanze
Pier Carlo Padoan, ha rilasciato unintervista a diversi
giornali europei appellandosi alla Banca Europea per gli Investimenti
(BEI) perché intraprenda maggiori investimenti in Italia.
Padoan, ex funzionario del FMI ed economista capo dellOECD
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico),
ha parlato con i giornalisti di: La Stampa, Süddeutsche
Zeitung, El País, The Guardian e Le
Monde. Per quanto riguarda lo sciopero, ha detto che da parte
del governo Renzi non ci sarà nessuna svolta di 180
gradi; la Jobs Act è necessaria per aumentare la
flessibilità delleconomia e, come tutte le altre
riforme, non verrà diluita.
Nel portare avanti il suo programma Renzi ha lappoggio
di unalleanza fra tutti i partiti politici; e può
anche contare sul sostegno dei dirigenti sindacali per far rispettare
i suoi piani di riforma anti-lavoratori.
Le proteste di venerdì erano state indette da due dei
tre principali sindacati del Paese, CGIL e Uil, con il motto Così
non va. Lappello del sindacato dice: Abbiamo
proposte concrete per cambiare lItalia, ma questo
slogan Cambiare lItalia è proprio il
grido di battaglia dello stesso Renzi.
I sindacati perseguono gli stessi obiettivi fondamentali del
governo Renzi, ossia rendere competitiva la produzione in Italia
e attrarre investimenti, sulle spalle dei lavoratori. I sindacati
sperano di utilizzare le manifestazioni per dimostrare al governo
che devono essere presi seriamente, come partner e interlocutori.
Al dato di fatto questa collaborazione è già stata
promessa dal ministro del Lavoro di Renzi Giuliano Poletti, il
quale venerdì sera ha dichiarato che il coinvolgimento
dei sindacati è previsto, non appena gli specifici
paragrafi legislativi del Jobs Act entreranno in vigore.
Come il WSWS ha spiegato ripetutamente, il Jobs Act è
il risultato di consultazioni congiunte tra datori di lavoro,
governo e leader sindacali. Nel mese di ottobre, i capi di governo
si sono incontrati con i rappresentanti di tutte e tre le principali
sigle sindacati (CGIL, CISL e UIL) e alla fine dei loro colloqui
hanno parlato di sorprendenti punti di reciproca comprensione.
Attraverso lorganizzazione di scioperi e proteste come
quelli del 12 dicembre, i sindacati stanno cercando di creare
uno sbocco alla rabbia dei lavoratori e arginarne la resistenza,
in un modo che conduca allaccettazione della politica del
governo.
In questa situazione, nella quale i lavoratori sono sempre
più in conflitto con i sindacati, le organizzazioni della
pseudo-sinistra stanno cercando di rafforzare la fiducia verso
le cosiddette organizzazioni sindacali di base e verso i sindacalisti
e politici di sinistra; si tratta di unillusione.
Per esempio: Marco Ferrando, del partito di pseudo sinistra Partito
Comunista dei Lavoratori (PCdL) ha chiesto uno sciopero
generale vero che vada fino in fondo. E chi dovrebbe organizzare
questo sciopero? Secondo Ferrando, il compito deve essere lasciato
alle sinistre politiche e sindacali, cioè,
proprio a quegli strati politici che condividono la stessa fallimentare
prospettiva nazionalista dei burocrati sindacali determinati a
mettere i lavoratori con le spalle al muro.
Ferrando si è fatto le ossa politiche come leader e
candidato a gennaio 2006 di una fazione attiva nella stalinista
Rifondazione Comunista, che a sua volta si preparava a svolgere
un ruolo cruciale nel sostenere lattuazione del programma
di austerità e complicità imperialista dellex
primo ministro Romano Prodi.
Per anni, la falsa sinistra italiana ha presentato il SEL di
Nichi Vendola e il leader del sindacato metalmeccanici di
sinistra, Maurizio Landini, come vere e proprie alternative
politiche. Invece, sia Vendola e Landini hanno sostenuto
attivamente Matteo Renzi fin dallinizio e hanno offerto
i loro servizi al governo.
Landini condivide la stessa prospettiva capitalista nazionalista
di Renzi, ossia, un aumento della competitività delleconomia
italiana. Secondo Landini, Ciò che rende questo Paese
non competitivo sono la corruzione e levasione fiscale,
non lart. 18, lo ha scritto venerdì su Facebook;
e che Renzi deve, in primo luogo, accettare di confrontarsi
e discutere con tutti; con questo tutti intende
la burocrazia sindacale.