Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in inglese il 2 maggio 2013
Ci sono voluti solo un giorno e una visita a Berlino, per rendere
chiaro che le promesse del nuovo primo ministro italiano Enrico
Letta di passaggio dalle politiche di austerità alla crescita
economica sono una miscela di false promesse, manovre diversive
e pure bugie.
Letta, del Partito Democratico (PD), è a capo di una
grande coalizione che include il PdL (Popolo della Libertà),
del magnate dei media Silvio Berlusconi. La coalizione è
stata costituita per volontà del Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, un vecchio stalinista, al fine di continuare
le feroci misure di austerità, imposte dal precedente governo
tecnocratico non eletto di Mario Monti. ?Compito non facile, data
la straordinaria crisi in cui versa il capitalismo italiano.
Il debito pubblico, in Italia, salirà al 130,4 per cento
del prodotto interno lordo quest'anno, nonostante le misure di
austerità imposte. Dal 2008, il prodotto interno lordo
si è ridotto del 5 per cento e la produzione industriale
è diminuita di un quarto. L'ultimo rapporto della Banca
d'Italia sulla stabilità finanziaria mostra che il 7,2
per cento di tutti i prestiti alle imprese sono ora in difetto,
primo fra tutti il settore edile, ed è in atto un ulteriore
deterioramento.
Anche se l'Italia potesse continuare a ricevere prestiti a
un tasso di interesse del 4 per cento, la sua economia avrebbe
bisogno di crescere del 5 per cento perché i debiti non
aumentino. Al contrario, secondo le proiezioni del governo stesso,
in realtà l'economia quest'anno si ridurrà dell'1,3
per cento e il costo degli interessi sui prestiti aumenterà.
Ancora più importante, la classe dirigente e la classe
politica devono fare i conti con la rabbia di massa fra i lavoratori
per il crescente malessere e la disoccupazione che aumenta, attestata
all' 11,6 per cento e che colpisce un terzo dei giovani. Questa
rabbia, per ora, ha trovato poca espressione organizzata, perché
i sindacati italiani stanno sopprimendo l'opposizione ai datori
di lavoro e ai programmi di austerità del governo. Ma questa
situazione non può essere sostenuta indefinitamente, specialmente
nel bel mezzo del grave deterioramento delle fortune economiche
del capitalismo europeo.
Un esempio lampante della miseria sociale che si sta sviluppando
in Italia è stato fornito dai colpi sparati contro due
agenti di polizia, uno ferito gravemente, da Luigi Preiti, 49
anni, motivato dalla disperazione per la perdita del lavoro e
la fine del suo matrimonio.
Lunedi, in parlamento, Laura Boldrini, presidente della camera
dei deputati e nominalmente di sinistra, ha ammonito: "C'è
un'emergenza sociale che ha bisogno di risposte ed i nostri politici
devono iniziare a darle."
Ma Letta, il cui partito è di per sé in una situazione
caotica, ha offerto solo un discorso pieno di promesse contraddittorie;
si impegna ad onorare le promesse dell'Italia all'Unione Europea
(UE) e al Fondo Monetario Internazionale (FMI) di imporre tagli,
e allo stesso tempo vuole stimolare l'economia e venire in aiuto
dei più bisognosi.
"Moriremo di solo consolidamento fiscale, le politiche
di crescita non possono più aspettare", ha dichiarato,
aggiungendo che i 2 miliardi di euro di debito dell' Italia "pesano
gravemente" sugli italiani ordinari. Come risultato, l'Europa
è affetta da "una crisi di legittimità."
Letta ha avvertito che la classe politica deve rispondere al
crescente sentimento anti-establishment.
Ha inoltre promesso di ridurre le tasse dei lavoratori e dei
giovani, per stimolare la crescita economica, di lavorare con
i sindacati per abbattere la disoccupazione e di propugnare un
"sistema sociale che sia più universale, più
focalizzato sui giovani e le donne e che si estenda a coloro che
non sono inclusi, in particolare i lavoratori temporanei."
Tuttavia, quando è giunto a parlare di misure concrete,
Letta ha offerto poco.?Invece di accantonare l'ampiamente impopolare
imposta immobiliare IMU, in linea con la promessa elettorale del
PdL di Berlusconi, essa verrà sospesa nel mese di giugno
per poi essere rivista. Sono stati abbandonati solamente i piani
di aumento dell'IVA di un 1 per cento, che avrebbe portato la
tassa al 22 per cento.
Abbandonare l'imposta immobiliare costerà allo Stato
8 miliardi di entrate, non esigerla a giugno lascerà
un deficit di 2 miliardi. Letta non ha fatto alcun tentativo
per dimostrare come questo sia compatibile con la dichiarazione
del suo ministro degli esteri, Emma Bonino, che l'Italia non può
cambiare gli impegni fiscali presi con l'UE e il FMI per quest'anno.
Emma Bonino ha detto ai giornalisti in parlamento: "L'Italia
non può rinegoziare il 2,9 per cento". Ciò
significa che Letta riponeva le sue speranze sulla rinegoziazione
dei termini di rimborso del debito, come richiesto lunedi da Berlusconi
e ripreso dal ministro dell'industria Flavio Zanonato, del PD.
Questo tipo di richieste non offre niente ai lavoratori. Secondo
Zanonato sono centrate su idee di "condurre una politica
economica credibile, mantenere una reputazione in Europa e tenere
basso lo spread tra i rendimenti dei titoli italiani e tedeschi",
mentre escludono la spesa per gli investimenti previsti dal patto
di stabilità europeo.
Da parte sua, il ministro dell'economia e delle finanze, l'ex
vice governatore della Banca d'Italia Fabrizio Saccomanni, ha
parlato della ristrutturazione del bilancio dello Stato e del
taglio della spesa pubblica; il che indica che la scure semplicemente
cadrà altrove.
Ancora prima della partenza di Letta per Berlino, per colloqui
con il cancelliere tedesco Angela Merkel, l'agenzia di rating
Standard & Poor's ha emesso un giudizio negativo sulle promesse
di Letta di rilanciare la crescita. Facendo eco a quella del Moody's,
ha mantenuto la qualifica del debito dello Stato in Italia a "BBB+"
- solo due tacche sopra il grado spazzatura e con una prospettiva
negativa.
Più tardi in giornata le cose per Letta sono peggiorate.
Nel corso di una conferenza stampa congiunta con la Merkel, Letta
ha parlato cripticamente della necessità di raggiungere
una sintesi tra riforme e misure per la crescita e dell'Europa,
mostrando "la stessa determinazione a perseguire la crescita
come a mantenere sane le finanze pubbliche."
Ma la Merkel gli ha prestato poca attenzione, affermando che
non vede alcuna contraddizione tra una disciplina di bilancio
e l'obiettivo della crescita economica.
"Per noi in Germania, il consolidamento di bilancio e
la crescita economica non sono due fini distinti, ma devono andare
di pari passo per rafforzare la competitività e quindi
avere più posti di lavoro," ha detto. "Vogliamo
rendere certo che l'Europa emergerà da questa crisi più
forte di quanto fosse quando la crisi è incominciata; per
partecipare a questo, ogni paese deve fare la sua parte."
L' avvertimento della Merkel che "l'Italia ha fatto notevoli
passi in questo senso" indica solo che ulteriori passi sono
considerati necessari.
"La crescita porta a finanze solide, il finanziamento
solido crea i presupposti per la crescita", ha aggiunto la
Merkel. "Ma è importante che non si veda la crescita
come qualcosa in cui spendiamo il denaro pubblico, ma come qualcosa
in cui le imprese si sentono in grado di investire e creare posti
di lavoro. Ecco perché abbiamo bisogno di riforme strutturali
e meno burocrazia."
Letta ha risposto con la promessa di onorare tutti gli impegni
di riforma del precedente governo Monti e si è impegnato
a riempire il vuoto di finanziamento di 8 miliardi, lasciato
dall'abbandono della tassa immobiliare. Vale a dire, promettendo
ulteriori misure di austerità.
Ieri Letta ha incontrato a Parigi il presidente francese François
Hollande, prima di partire per Bruxelles per colloqui con il presidente
della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso. Ma qualunque retorica
aggiuntiva emerga dalle discussioni con quelle orecchie, solo
in apparenza più benevole, i lavoratori in Italia e nel
resto dell'Europa non possono aspettarsi, da qualsiasi sezione
della borghesia si voglia, un alleviamento della terribile crisi
economico-sociale che si trovano ad affrontare.
Il governo Letta, così come i governi degli altri paesi
più colpiti dalla crisi del debito, come la Grecia e la
Spagna, possono chiedere al governo tedesco qualche margine di
manovra. Tuttavia, tutti sono d'accordo che la classe operaia
deve continuare a pagare il conto della crisi. Inoltre, in nome
della "ristrutturazione", offrono, come alternativa
all'enfasi posta esclusivamente sui tagli di bilancio, misure
che accellerano il tasso di sfruttamento della classe lavoratrice
tramite l'ampiamento delle incombenze, i tagli salariali, le razionalizzazioni
e la privatizzazione dei beni pubblici.
Queste richieste per un cambiamento di strategia, il che ammonterebbero
solo a infliggere dolore e austerità attraverso altri mezzi,
si sono arenate più volte di fronte ai contrastanti interessi
nazionali delle potenze europee.