Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in Tedesco il 31 maggion 2013 e in nglese l'1 giugno 2013
Le elezioni amministrative della settimana scorsa sono state
caratterizzate da una bassa affluenza alle urne e da pesanti perdite
per il Movimento 5 Stelle (M5S) del comico Beppe Grillo.
Nelle 563 città dove si sono svolte le elezioni, solo
il 62,4 per cento degli aventi diritto è andato alle urne,
il 15 per cento in meno rispetto al 2008. Il Movimento Cinque
Stelle, che era risultato il più grande partito nelle elezioni
parlamentari di febbraio con il 25 per cento dei voti, ha perso
circa la metà della sua quota dei voti.
Le elezioni locali non sono direttamente confrontabili con
le elezioni nazionali, per il fatto che il movimento di Grillo
non ha una struttura di partito sviluppata e che non è
presente in molti comuni più piccoli. Tuttavia, il M5S
ha anche perso molto sostegno nelle città più grandi,
dove è ben rappresentato.
Per esempio, a Roma i sostenitori di Grillo hanno ricevuto
solo 12,8 per cento dei voti, circa la metà di quelli del
mese di febbraio. Nelle sue roccaforti nel nord del Paese, il
M5S ha ricevuto solo l'8-9 per cento dei voti, anche se la sua
ascesa era iniziata nella politica locale. Ad esempio, esso detiene
la carica di sindaco della città di Parma, e ha una forte
presenza nel parlamento regionale siciliano.
Il Partito Democratico (PD) del Primo Ministro Enrico Letta
ha registrato alcuni guadagni. E' in testa nelle 11 città
in cui si terranno ballottaggi il 9 e 10 giugno. Con il 42,7 per
cento dei voti a Roma, il candidato democratico Ignazio Marino
è molto avanti rispetto all'attualmente in carica Gianni
Alemanno (30,2 per cento), un ex fascista e ora membro del Popolo
della Libertà (PdL) dell'ex primo ministro Silvio Berlusconi.
Nel nord, i democratici hanno vinto alcuni comuni sottraendoli
alla reazionaria Lega Nord. Nei sondaggi nazionali d'opinione,
tuttavia, i Democratici seguono il PdL di Berlusconi.
Il M5S deve il suo successo alle elezioni parlamentari di febbraio
all'indignazione popolare contro le politiche di austerità
dell'Unione Europea attuate dal governo "tecnocrate"
di Mario Monti, con il sostegno dei Democratici e inizialmente
anche del Pdl. Il fallimento politico della "sinistra"
italiana ha permesso a Grillo di avere successo con i suoi virulenti
attacchi contro i politici corrotti, raccogliendo folle di decine
di migliaia di persone e vincendo il loro sostegno per l'elezione
del suo movimento.
Però, dopo le elezioni politiche, è diventato
subito chiaro che Grillo non ha una risposta alla crisi sociale,
che personalmente favorisce severe misure di austerità
e ha un programma borghese di destra. Il suo stile di leadership
autoritario ha anche alimentato gravi conflitti all'interno del
partito circa l'organizzazione del partito stesso, piuttosto che
su questioni programmatiche. Ci fu una ribellione quando Grillo,
che ha un reddito di milioni, ordinò che i 163 deputati
del M5S tenessero per se stessi solo 2.500 del loro stipendio
di parlamentari, di poco più di 10.000 al mese.
Ci sono stati anche conflitti violenti per quanto riguarda
la questione se i deputati del M5S dovessero sostenere un governo
guidato dai democratici. Qui ha prevalso l'atteggiamento negativo
di Grillo, e i Democratici alla fine hanno formato una grande
coalizione con il PdL di Berlusconi. Gli osservatori politici
ritengono che la sconfitta nelle elezioni locali aggraverà
i conflitti all'interno del M5S.
Nel suo blog, Grillo ha risposto alle perdite elettorali del
suo movimento con una diatriba feroce contro gli elettori. Come
è avvenuto dopo le elezioni generali, ha attaccato i lavoratori
del settore pubblico e i pensionati, da lui accusati di egoismo
nel sostenere partiti corrotti.
Grillo scrive che è erroneo imputare ai media la responsabilità
per la perdita di voti per il M5S. Gli elettori erano ben informati,
egli sostiene: "La gente sapeva per cosa stavano votando
... le persone sono pienamente responsabili per la scelta che
hanno fatto." Ha commentato che cinquecentomila persone,
la cui sussistenza dipende dalla politica, 4 milioni di persone
che percepiscono uno stipendio pubblico, nonché 19 milioni
di pensionati sono tutti quanti desiderosi di mantenere lo status
quo. "Hanno votato per se stessi, e solo poi per il Paese."
A loro Grillo contrappone "i liberi professionisti, i
disoccupati, quelli in lavori precari, i piccoli e medi datori
di lavoro e gli studenti", che sono colpiti duramente dalla
crisi. I due gruppi, che egli chiama "Italia A" e "Italia
B", secondo Grillo sono uniti insieme, come due fratelli
siamesi." Italia A non può vivere senza le tasse di
Italia B, e la seconda è rovinata."
C'è un evidente tentativo di dividere la classe lavoratrice
e di agitare i disoccupati, i lavoratori autonomi e i piccoli
imprenditori contro i lavoratori del settore pubblico e i pensionati,
in modo da far passare tagli fiscali e massicce misure di austerità.
Questo spiega perché il voto per il movimento di Grillo
si sia dimezzato e perché molti elettori siano rimasti
lontani dalle urne. Tanti, di coloro che avevano votato per Grillo
alle elezioni parlamentari, hanno scoperto che egli non ha una
risposta alla crisi sociale, che è grandemente peggiorata,
come risultato delle politiche di austerità dell'uscente
governo Monti.
Secondo nuovi dati dell'Istat, circa 8,6 milioni di italiani
vivevano l'anno scorso al di sotto della soglia di povertà,
il che rappresenta il 14 per cento della popolazione, il doppio
rispetto a due anni fa. A causa dei forti aumenti fiscali il potere
d'acquisto dei consumatori italiani è sceso lo scorso anno
del 4,8 per cento.
Il quaranta per cento dei giovani non riesce a trovare un lavoro.
Un italiano su cinque non può riscaldare adeguatamente
le propria casa. La carne è un bene di lusso per uno su
sei, più della metà non può permettersi una
vacanza. Per l'anno in corso, l'Istat prevede un declino economico
dell'1,4 per cento e un aumento del tasso di disoccupazione dal
10,7 per cento al 12,3 per cento.
L'aggravarsi della crisi significa che la situazione politica
sta diventando sempre più instabile. L'indice di approvazione
del nuovo governo, una grande coalizione sotto il Democratico
Enrico Letta, è sceso dal 43 per cento al 34 per cento
nel giro di due settimane. I due partiti di governo, i democratici
di Letta e il PdL di Berlusconi, sono profondamente divisi al
loro interno e tra di loro.