Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in inglese il 14 maggio 2011
L'Italia ha attivamente partecipato al bombardamento della
Libia dal 28 aprile. Giorno e notte, i caccia italiani sono decollati
dalla base aerea di Trapani Birgi in Sicilia e dalla portaerei
Garibaldi per prendere parte alla guerra contro la ex colonia
italiana.
Poche settimane fa, il ministro degli Esteri Franco Frattini
aveva detto sul sito web del suo ministero che l'Italia non dovrebbe
partecipare attivamente alla guerra contro la Libia: Se
un aereo italiano bombardasse la Libia e colpisse dei civili,
l'intervento sarebbe controproducente". Il Governo teme paragoni
con il periodo coloniale italiano nel periodo 1911-1943, sotto
i governi "democratico" e fascista.
La decisione di partecipare alla guerra, nonostante il passato
coloniale, ha avuto luogo dopo i colloqui tra il premier Silvio
Berlusconi e il presidente francese Nicolas Sarkozy, il 26 aprile
a Roma su come affrontare la questione degli immigrati africani.
Sarkozy e Berlusconi erano d'accordo nel rifiutare qualsiasi
operazione di commercializzazione o di trasporto di idrocarburi
da cui possa trarre vantaggio il regime di Gheddafi. Subito
dopo, il primo ministro italiano ha annunciato che il suo paese
avrebbe partecipato attivamente alla guerra dal 28 aprile.
La partecipazione dell'Italia nella guerra nasce dalla paura
che possa perdere la sua influenza in Libia a vantaggio di Francia,
Gran Bretagna e Stati Uniti. Il Financial Times ha osservato:
"Il battibecco italo-francese sullimmigrazione fa seguito
ad aspri disaccordi sulla Libia. LItalia è stata
trascinata in una guerra che avrebbe preferito evitare, temendo
che un asse Parigi-Bengasi possa interferire con i suoi notevoli
interessi nel petrolio e il gas della Libia".
Il petrolio libico e le riserve di gas sono i motivi fondamentali
per la borghesia italiana a partecipare attivamente alla lotta
inter-imperialista nel vicino Paese nordafricano. L'Italia ottiene
un quarto delle sue importazioni di petrolio e il dieci per cento
del suo gas naturale dalla Libia. Il gruppo ENI ha investito miliardi
di euro in Libia. Prima dello scoppio della guerra, l'Italia era
il più grande partner commerciale della Libia, il più
grande acquirente di petrolio greggio, e uno dei maggiori fornitori
di armi del regime Gheddafi.
Il governo Italiano ha riconosciuto ufficialmente il Consiglio
Nazionale di Transizione (CNT) di Bengasi il 4 aprile e ha inviato
dieci consiglieri militari. Inoltre riconosce il CNT come governo
temporaneo libico e lo ha finanziato, forse anche con le armi,
secondo un portavoce a Bengasi nel fine settimana.
La decisione di partecipare attivamente alla guerra ha causato
qualche dissenso nella coalizione di governo in Italia. La Lega
Nord ha giustificato la sua opposizione sollevando timori di un
possibile afflusso incontrollato di profughi africani, dovesse
la guerra andare avanti a lungo. Gheddafi, che negli ultimi anni
aveva impedito ai rifugiati africani di attraversare il Mediterraneo,
detenendoli nei campi finanziati dal governo italiano, ha minacciato
di farli emigrare in gran numero verso l'Italia.
La Lega Nord teme anche che l'Italia potrebbe essere trascinata
dietro le altre potenze europee, specialmente la Francia. Umberto
Bossi, capo della Lega Nord, ha dichiarato al giornale Padania:
"siamo diventati una colonia francese". Il continuo
acconsentire alle richieste di Parigi da parte dellItalia
avrebbe conseguenze molto serie. Bossi ha detto, non è
dicendo sempre di sì che si acquisisce peso internazionale.
Ma la Lega Nord è attenta a non mettere seriamente a
repentaglio il governo. E 'stata rassicurata quando è stato
proposto di mettere un limite di tempo di tre o quattro settimane
sulla partecipazione dell'Italia alla guerra. Tuttavia, gli altri
partner della NATO rifiutano l'imposizione di limitazioni temporali
alla guerra.
Il più forte sostegno alla guerra in Libia viene dalla
cosiddetta opposizione di centro-sinistra e in generale dai partiti
di "sinistra".
Il principale partito di opposizione, il Partito Democratico
(PD), proveniente dal Partito Comunista Italiano (PCI), sostiene
con entusiasmo la guerra della NATO contro la Libia. Il 23 marzo
e il 4 maggio il PD si è pronunciato molto favorevolmente
in Parlamento agli attacchi della NATO.
Durante la seduta del 4 maggio, il leader del PD Pier Luigi
Bersani ha proposto una mozione che obbliga il governo a "continuare
nelladottare ogni iniziativa necessaria ad assicurare una
concreta protezione dei civili". Ciò in seguito al
testo della risoluzione Onu che ha dato il via libera alla guerra.
Bersani ha detto: "vogliamo capire anche se la maggioranza
è in grado di garantire gli impegni?presi". La sua
mozione è stata portata a termine con una larga maggioranza,
con l'astensione della coalizione di governo.
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ex funzionario
di lunga data del PCI, ha giustificato la partecipazione italiana
nella guerra, dicendo: "non siamo entrati in guerra. La carta
delle nazioni unite prevede un capitolo, il settimo, il quale
nell'interesse della pace ritiene che siano da autorizzare anche
azioni volte, con le forze armate, a reprimere le violazioni della
pace".
Intervistato dal quotidiano Il Manifesto per chiedere spiegazioni
su quanto ciò fosse compatibile con l'articolo 11 della
costituzione italiana, che vieta la guerra contro altri popoli,
Napolitano ha detto che "Larticolo 11 della Costituzione
deve essere letto e correttamente interpretato nel suo insieme.
Partecipando alle operazioni contro la Libia sulla base della
risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite,
lItalia non conduce una guerra nè per offendere la
dignità di altri popoli, nè per risolvere controversie
internazionali.
Politici come Fausto Bertinotti (Rifondazione Comunista che
ha guidato fino al 2006) e Nichi Vendola (Sinistra Ecologia Libertà)
hanno dato supporto alla borghesia italiana. Nessuno sa meglio
come oscurare i fatti, con la tipica giustificazione "umanitaria"
e la "difesa della democrazia" per la guerra, di questi
maestri dell'inganno politico.
Fausto Bertinotti ha scritto sul suo sito web che l'opposizione
anti-Gheddafi deve essere difesa. "Il pacifismo non è
un concetto che è scolpito nella pietra", ha detto,
aggiungendo che esso deve essere "flessibile".
Nel mese di febbraio, Nichi Vendola ha approvato gli sforzi
del CNT per rovesciare Gheddafi e ha accolto con favore la risoluzione
Onu 1973 a marzo. Oggi reclama un cessate il fuoco e l'assistenza
umanitaria sotto il controllo dell'Unione europea.
L'UE vuole un intervento in Libia indipendente dalla NATO.
Con la missione EUFOR Libia, l'UE è "armata e pronta"
in attesa di una richiesta delle Nazioni Unite. La missione si
compone di due gruppi di battaglia europea, ciascuno con 1.500
uomini, ed è sotto il comando di un ammiraglio italiano.
Il compito della missione EUFOR Libia sarebbe quello di creare
con la forza un "corridoio umanitario" nelle aree contese.
Al tempo della guerra in Iraq, Rifondazione Comunista, di cui
era membro anche Vendola, si mise a capo del movimento contro
la guerra. Nella sola Roma il 15 febbraio 2003 tre milioni di
persone manifestarono con lo slogan "No alla guerra, senza
se e senza ma". Rifondazione, però, fece in modo che
il movimento non potesse minacciare il potere borghese in Italia.
Oggi, invece, Rifondazione e il suo successore svolgono un ruolo
chiave nella reprimere e disorientare il sentimento anti-bellico.
Gli esperti militari si pongono meno problemi a nascondere
la vera natura della guerra in Libia. Andrea Nativi, direttore
del giornale militare Rivista Italiana di Difesa, ha dichiarato:
"Questa è una guerra e senza morti una guerra non
si fa".
Rispondendo alla posizione che le operazioni italiane dovrebbero
essere dirette solo contro obiettivi militari specifici, Nativi
ha sostenuto una selezione più ampia di obiettivi: "più
s'impongono dei caveat più dura una guerra e più
dura una guerra più ci sono dei morti. Può sembrare
un ragionamento cinico, ma le cose funzionano così".
L'intervento ha già causato pesanti distruzioni in Libia.
Ci sono stati lanci di razzi tutti i giorni per sette settimane.
I media tacciono su quante persone, civili o militari, sono stati
uccisi.
Durante la notte del 10 maggio, la NATO ha di nuovo attaccato
la capitale Tripoli e ha scatenato un inferno omicida di tre ore.
Secondo la versione ufficiale, la missione della NATO è
solo diretta a installazioni militari, al fine di "proteggere
i civili libici". Ma obiettivi civili come le stazioni radio
e TV e la residenza privata di Gheddafi sono stati attaccati sistematicamente.
Il vero carattere della "missione umanitaria" si
vede anche nel destino dei rifugiati. Le loro vite, la loro salute
e i loro diritti democratici sono, ovviamente, non ciò
che si intende quando si parla di "protezione dei civili".
Molti migranti muoiono in mare aperto nelle pericolose traversate
dalla Libia a Lampedusa. Il 9 maggio, è stata trovata una
barca alla deriva senza aiuti per sedici giorni. Dei 72 a bordo,
secondo un rapporto del Guardian, solo undici sono sopravvissuti
al tremendo viaggio, 61 sono morti di fame, sete o di stenti.