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Collasso dei partiti di “sinistra” permette la vittoria di Berlusconi

By Peter Schwarz
18 aprile 2008

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Questo articolo è stato precedentemente pubblicato in inglese e in tedesco il 16 aprile 2008.

Solo due anni dopo aver perso le elezioni, il magnate mediatico Silvio Berlusconi sarà di nuovo capo di governo per la terza volta. Alle elezioni di domenica e lunedí scorsi la sua alleanza di destra, il Popolo della Libertà (Pdl), ha ottenuto una netta maggioranza ad entrambe le camere.

Con circa il 47 per cento dei voti, Berlusconi sconfiggeva cosí il suo avversario principale, Walter Veltroni, il quale aveva ottenuto solo il 38 per cento.

Berlusconi, grazie al premio di maggioranza, ha vinto cosí 340 seggi alla Camera dei Deputati, contro i 241 di Veltroni. I democristiani di Pier Ferdinando Casini (UDC), con forti connessioni al Vaticano e indipendenti dale altre coalizioni, hanno vinto 36 seggi. Al Senato, Berlusconi controllerà 171 seggi contro i 130 di Veltroni e i 2 dell’UDC.

L’affluenza alle urne è stata dell’80 per cento, ossia circa 3 per cento in meno rispetto alle elezioni di due anni fa. In Italia la partecipazione elettorale è prevista dalla legge, sebbene essa non preveda sanzioni contro coloro che non esercitano il diritto di voto.

Le elezioni non solo hanno assicurato la maggioranza alla destra, ma per la prima volta la struttura politica—che comincia ad assomigliare sempre più nettamente a quella americana—consiste di due grandi partiti borghesi di destra. Da un totale, in precedenza, di più di venti partiti e gruppi rappresentati in parlamento, solamente sei tornano a Montecitorio e Palazzo Madama.

I due componenti più importanti dell’alleanza di Berlusconi, il suo Forza Italia e il post-fascista Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini, hanno unito le loro forze in una lista elettorale unica in vista di un’imminente fusione completa e formale in un singolo partito. Inoltre, i separatisti della Lega Nord e il relativamente insignificante Movimento per Autonomia (Mpa) hanno aderito all’alleanza del Popolo della Libertà.

Prima delle elezioni, Veltroni ha unito i Democratici di Sinistra (eredi del Partito Comunista), i democristiani della Margherita e altri gruppi minori, creando il Partito Democratico (PD). Il PD è modellato su imagine dei democratici americani e avanza un programma economico pro-business molto simile. L’unico alleato dei democratici era l’Italia dei Valori (Idv), con a capo Antonio Di Pietro, famoso per il suo ruolo di pubblico ministero anti-corruzione durante Mani Pulite. Il suo partito ha ottenuto il 5 per cento del totale vinto dal blocco Veltroni.

Collasso della Sinistra Arcobaleno

Veltroni si è rifiutato di cooperare con i partiti di sinistra della coalizione di governo precedente guidata da Romano Prodi. Questi partiti hanno quindi dovuto formare una loro alleanza elettorale—la Sinistra Arcobaleno. Tale coalizione comprende Rifondazione Comunista (PRC), i Verdi, i Comunisti Italiani (PdCI) e la Sinistra Democratica (SD), una minoranza staccatasi dai Democratici di Sinistra.

La Sinistra Arcobaleno ha sofferto la sconfitta peggiore a queste elezioni. Al momento della sua fondazione, i leader dell’alleanza avevano predetto un margine del 15 per cento dei voti. Sondaggi preelettorali segnalavano un 7 per cento. Il risultato elettorale effettivo è stato di poco più del 3 per cento, insufficiente per ottenere seggi parlamentari.

Rifondazione, che nella Legislatura precedente aveva più di 40 parlamentari in ciascuna camera, non è riuscita a difendere nemmeno un seggio. La Repubblica ha parlato di un “vero terremoto”.

Il collasso di supporto per la cosiddetta “sinistra” diventa più chiaro quando si esaminano i risultati in alcune delle regioni che storicamente costituivano la base elettorale del PRC. In Toscana, Rifondazione vinceva l’8,2 per cento nel 2006, mentre insieme con i Verdi e i Comunisti Italiani raggiungeva un totale del 13,4 per cento. A queste elezioni, la Sinistra Arcobaleno ha ricevuto solo il 4,5 per cento. In Emilia Romagna, la Sinistra Arcobaleno ha visto un calo dal 10 al 3 per cento. Nel Lazio, il voto dei partiti di “sinistra” che compongono l’Arcobaleno è caduto al 3,3 per cento dal 13 per cento, mentre in Umbria è sceso dal 12,7 al 3,5 per cento.

Il collasso della “sinistra” è un elemento cruciale per capire i risultati elettorali. Da quando è emerso 17 anni fa come risultato della dissoluzione del PCI e della convergenza di vari gruppi di “sinistra” piccolo-borghesi, il Partito di Rifondazione Comunista ha chiesto ai suoi elettori di supportare governi borghesi progressisti. Era Rifondazione ad assicurare che tali governi ottenessero la maggioranza in parlamento. Finalmente nel 2006 i rifondazionisti riuscivano ad entrare nella sfera di potere attraverso una coalizione con Prodi. Il PRC ha sempre giustificato il suo opportunismo sostenendo che era necessario dare supporto al “male minore” contro la destra.

I risultati di questo tipo di politica sono stati disastrosi. Rifondazione e i suoi alleati hanno precluso che la classe lavoratrice sviluppasse un suo orientamento politico indipendente dai partiti borghesi. Infatti, Rifondazione supportava supinamente Prodi e i suoi predecessori. Nelle elezioni di quest’anno il ruolo principale del PRC era proprio quello di fornire una sembianza di sinistra alla campagna elettorale di Veltroni, sebbene non fossero formalmente alleati.

Su questa base, l’Arcobaleno è stato incapace di vincere un serio supporto. L’imbarazzante risultato elettorale è l’espressione del fatto che, dopo due anni di governo Prodi, le illusioni che quei governi riformisti di “sinistra” potessero risolvere la sempre più profonda crisi economica e sociale si sono dissipate.

La situazione economica in Italia è peggiorata gravemente e rapidamente. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l’economia italiana avrà una crescita pressoché nulla quest’anno, la porzione attribuita all’Italia di scambi commerciali mondiali sta declinando e i salari sono stazionari. Per molti italiani la situazione è talmente grave che non possono nemmeno permettersi un piatto di pasta al giorno. È emerso uno strato di giovani adulti la cui situazione economica è cosí precaria che non possono nemmeno rischiare di cominciare una famiglia.

L’inflazione in aumento e il ristagno dei salari erano problemi centrali durante la campagna elettorale. Montagne di rifiuti malsani che hanno riempito le strade di Napoli per settimane e hanno provocato proteste di massa sono divenute un simbolo di una classe politica estremamente corrotta e incompetente, motivata esclusivamente da vantaggi personali. La coalizione di Berlusconi è stata in grado di sfruttare questi problemi, sebbene la radice dello scandalo rifiuti si possa trovare nel periodo in cui Berlusconi era al potere.

Il calo di affluenza elettorale è in gran parte il risultato di astensione da parte di elettori che precedentemente avevano dato il loro supporto alla “sinistra” e sono rimasti disillusi. Altri elettori hanno votato per Berlusconi pensando che quest’ultimo possa risolvere i problemi più emergenti in maniera più efficace della coalizione Prodi, cosí divisa internamente.

Un governo instabile

In particolare, la Lega Nord ha tratto i maggiori vantaggi da tale situazione. Sebbene abbia attraversato una crisi prolungata, il partito, la cui base è costituita dal ricco settentrione, è stato in grado di ottenere i migliori risultati dalla sua fondazione, raddoppiando la sua presenza in entrambe le camere.

Con una media nazionale di più dell’8 per cento, la Lega Nord è stata in grado di garantire la vittoria elettorale di Berlusconi. Infatti, il supporto per la sua lista in realtà è diminuito, se paragonato a due anni fa. Secondo sondaggi d’opinione, molti lavoratori industriali che avevano precedentemente supportato la “sinistra” hanno votato per la Lega. In Lombardia, il partito ha ottenuto i risultati più alti, con il 30 per cento dei voti.

La politica della Lega Nord fonde propaganda contro il governo centrale di Roma con richieste di maggior autonomia del nord e aperta xenofobia. Il capo di partito, Umberto Bossi, ha dichiarato durante la campagna elettorale: “Milano ne ha piene le palle di dipendere dal centralismo romano. Con noi la fine di Roma Ladrona”. Come risultato della disillusione verso il governo Prodi, tali slogan hanno trovato supporto in alcuni strati di popolazione.

La postura di polso della Lega Nord avrà, tuttavia, un impatto destabilizzante sul nuovo governo. Le differenze che esistono fra i secessionisti della Lega e i centralisti di Alleanza Nazionale, la quale ha un forte supporto proprio al sud, sono potenzialmente esplosive. Tali differenze hanno infatti contribuito alla caduta del primo governo Berlusconi nel 1995. Secondo il Corriere della Sera, la richiesta della Lega per una maggiore decentralizzazione fiscale avrà l’effetto di amplificare il già sostanziale divario fra nord e sud.

Ancora più significatica è la contraddizione fra l’estremamente tesa situazione sociale e il programma di destra del nuovo governo, che finirà con il rendere la nuova amministrazione molto instabile. La maggior parte dei commentatori, persino quelli di destra, sono unanimi in tale giudizio.

Il Neue Zürcher Zeitung svizzero nota che Berlusconi, “al contrario di Prodi, non erediterà una situazione economica favorevole, al contrario avrà a che fare con un ristagno persistente, se non addirittura una recessione. Ciò renderà estremamente difficile mantenere le promesse fatte in campagna elettorale”.

Il Financial Times Deutschland avverte sotto il titolo “Italia—Tragedia, Atto Terzo”: “Dati di crescita catastrofici, tassi di produttività a livelli pre-moderni e un deficit statale mostruoso sono fattori di rischio per il mercato nazionale e per la zona dell’euro. Berlusconi non sarà mai in grado di implementare le difficili riforme necessarie a sviare i rischi”.

Conflitti sociali minacciosi spiegano anche l’offerta di cooperazione fatta da Berlusconi a Veltroni la sera delle elezioni, nonostante una chiara maggioranza in favore del Pdl. “Siamo pronti al dialogo con l’opposizione”, ha detto Berlusconi, aggiungendo: “’ Ci saranno momenti difficili e servira’ un forte rinnovamento. Faremo le riforme necessarie che avranno anche contenuti di impopolarità”.

 



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