Questo articolo è stato precedentemente pubblicato
in inglese il 9 marzo 2006
Una foiba è una cavità naturale a
forma di imbuto capovolto con profondità fino ai 200 metri,
creata da erosione idrica. Queste formazioni sono tipiche del
Carso, unarea a est di Venezia divisa fra Italia, Croazia
e Slovenia.
Già da alcuni anni, lalleanza della destra italiana
guidata dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha sfruttato
gli eventi legati alle foibe durante e subito dopo la Seconda
Guerra Mondiale al fine di diffondere una campagna nazionalista
e anti-comunista, con il consenso dellopposizione, costituita
dagli ex-stalinisti del Partito Democratico di Sinistra (PDS).
I fatti storici sono stati volgarmente semplificati o estratti
dal contesto con lo scopo di stimolare un revival neo-fascista
e patriottico attraverso ore di trasmissioni televisive
e telegiornali dedicati alla propagazione di informazioni parziali
o false.
Secondo la versione storica dellultra-destra, il regime
jugoslavo stalinista del Maresciallo Tito fu responsabile dellomicidio
di massa di 20.000 italiani innocenti i quali vennero catturati,
uccisi e gettati nelle foibe nel 1943 e 1945. Molti di
essi, si dice, furono gettati in quelle fosse da vivi. Inoltre,
secondo questa storia, 350.000 italiani furono cacciati dalle
loro case dalloccupazione di Tito.
Nel marzo del 2004 il Parlamento italiano ha passato una legge
che dichiara il 10 febbraio Giorno del Ricordo in Memoria
degli Esuli e Vittime delle Foibe, in onore delle vittime
e le loro famiglie, o almeno questa era la motivazione ufficiale.
La scelta di questa data è in se stessa una provocazione:
il 10 febbraio 1957, Italia cedeva alla Jugoslavia parte della
Venezia Giulia nel Trattato di Parigi.
E così oggi, ogni 10 febbraio, la propaganda nazionalista
inquina letere italiano promuovendo lo sciovinismo, sfruttando
eventi tragici che rimangono senza spiegazione. Filmati di cadaveri
rimossi dalle foibe e immagini di donne anziane in lacrime
si alternano a quelle del leader neo-fascista Gianfranco Fini
che visita la regione, o a quelle del Presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi che discute limportanza del patriottismo
italiano e del sacrificio nazionale. Questanno, la propaganda
è mirata direttamente ad influenzare i risultati delle
prossime elezioni in Aprile.
La prima distorsione è già contenuta nella premessa
del Giorno del Ricordo che combina due episodi storici
distinti: gli eventi delle foibe nel periodo 1943-45 e
lesilio degli italiani dai cosiddetti territori irredenti
tra il 1945 e il 1960. Per quanto riguarda questi ultimi, le autorità
jugoslave non hanno mai emesso un decreto despulsione, mentre
quelle italiane hanno ignorato le difficoltà di questi
immigrati, rilocando migliaia di persone in posti sperduti come
certe aree rurali della Sardegna.
Anche se erano senza dubbio strettamente collegati, questi
due episodi non possono essere compresi come il singolo risultato
della furia del comunismo di Tito, come sostengono
per motivi politici i filistei del governo Berlusconi.
Questo articolo discuterà solamente gli eventi delle
foibe.
La storia di quellarea geografica che divenne poi la
Jugoslavia è una di oppressione e di repressione. Allalba
del ventesimo secolo, i popoli slavi dei Balcani erano sotto il
dominio, a nord, dellImpero Austro-Ungarico, e a sud del
decrepito Impero Ottomano. Questi popoli, a quel tempo noti come
slavi meridionali, espressero in molte occasioni la
volontà di creare un proprio stato-nazione. Molti di essi
si ispiravano allUnione Balcanica delle Repubbliche Socialiste,
un progetto politico a favore del quale combatterono marxisti
come Svetozar Markovic, Dimitrije Tucovic and Christian Rakovsky.
Nel tardo diciannovesimo e allinizio del ventesimo secolo,
la regione balcanica era un crogiolo di grandi conflitti sociali
e nazionali, in cui le grandi potenze intervenivano per favorire
i propi interessi. Verso la fine della prima guerra mondiale,
le terribili condizioni economiche e sanitarie, e la carestia,
contribuivano alla radicalizzazione delle masse di lavoratori
nella regione del Carso. Essi organizzavano scioperi chiedendo
la fine immediata del conflitto. Quando la guerra finalmente terminò,
questi territori si trovavano sotto controllo militare italiano,
in teoria fino a quando un accordo internazionale potesse essere
raggiunto.
Nel frattempo, spaventate dalla recente Rivoluzione dOttobre
in Russia, e appoggiate dai paesi imperialisti che volevano dividersi
le spoglie della guerra, le classi dirigenti Slovene e Croate
creavano il Regno di Serbia, Croazia e Slovenia nel dicembre del
1918 (il nucleo territoriale che nel 1929 divenne poi la JugoslaviaJug
significa sud).
I territori nordoccidentali di questo nuovo stato confinavano
con lItalia. Vari trattati (Versailles nel 1919, Rapallo
nel 1920) stablilivano la sovranità italiana sulla Venezia
Giulia, e anche sulla parte occidentale della Croazia e della
Slovenia (Istria e parte della Dalmazia). Diversi gruppi etnici
vivevano assieme in quei territori da secoli. Nel primo dopoguerra,
i governi italiani, e in particolar modo i fascisti di Mussolini,
imposero una politica di pulizia etnica conosciuta come Italianizzazione,
mirata a cancellare ogni traccia di cultura slava, considerata
barbara e inferiore dai fascisti, e allimporre litaliano
come lingua e cultura ufficiale.
Negli anni venti, le scuole slave della regione furono chiuse;
centri culturali bruciati; luso delle lingue slovene e croate
bandito dalla burocrazia statale e dal sistema giudiziario; nuove
leggi limitavano assemblee ed eventi pubblici delle associazioni
non-italiane; i nomi furono italianizzati per eliminare qualsiasi
apparenza di influenza slavica, e così via. Negli anni
trenta, le leggi razziali e anti-semitiche di Mussolini continuavano
a distinguere tra gli italiani puri e i popoli inferiori.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo i devastanti bombardamenti
su Belgrado operati dalla Luftwaffe tedesca, le forze armate italiane,
appoggiate da quelle tedesche, ungheresi e bulgare, invasero la
Jugoslavia. Il regime di Mussolini prese controllo della Dalmazia,
Slovenia (che divenne così la Provincia di Lubiana), Croazia
(governata dallalleato di Mussolini Ante Pavelic, capo della
forza fascista Ustascia nota per la sua brutalità) e parte
del Montenegro.
La Jugoslavia divenne allora il teatro di molti dei più
orrendi crimini di guerra mai commessi. Pochissimi degli ufficiali
italiani responsabili furono mai puniti, grazie alla protezione
del Vaticano. Infatti, molti dei criminali di guerra entrarono
nel più importante partito borghese del dopoguerra: la
Democrazia Cristiana. Su una popolazione jugoslava di 16 milioni,
quasi 1.400.000 furono uccisi durante la guerra. LItalia
fu responsabile delluccisione di almeno 250.000 jugoslavi,
la gran parte dei quali morì non sul campo di battaglia,
ma durante massacri ed espulsioni di massa.
Il regime fascista di Roma fu direttamente responsabile delluccisione,
violenza sessuale, tortura, privazione di cibo e mutilazione di
migliaia di persone e per aver distrutto centinaia di villaggi.
La Seconda Armata guidata dal Generale Roatta fu particolarmente
brutale nelle sue tattiche.
Un fatto che è rimasto deliberatamente occulto per decenni
è che il regime di Mussolini costruì campi di concentramento
sia in Jugoslavia che in Italia. Tennero prigionieri 30.000 croati
e sloveni, includendo bambini, donne e anziani, molti dei quali
vennero condannati a morte dai tribunali italiani. Deportazioni
di massa, torture e incendi dolosi erano usati abitualmente contro
lopposizione incalzante, la quale si organizzava attorno
allArmata Popolare di Liberazione della Jugoslavia guidata
da Tito.
L8 settembre 1943, lItalia firmava lArmistizio
di Cassabile con il Regno Unito e gli Stati Uniti, cessando ufficialmente
le ostilità fra quelle potenze. Questo accordo, tuttavia,
non specificava le relazioni fra Italia e Germania. Il fascismo
in Italia era ancora vivo e in ottima salute: i tedeschi auitarono
Mussolini ad evadere dalla prigione di Campo Imperatore sul Gran
Sasso e a fondare la Repubblica Sociale Italiana (RSI) nellItalia
settentrionale alla fine di quel mese, in diretta vicinanza alle
aree in questione.
Le ambiguità dellarmistizio, la guerra e la situazione
politica in generale contribuirono alla velocità con cui
gli eventi si succedettero. Molti sostenitori di Mussolini che
appoggiavano la Repubblica di Salò vedevano il patto come
un tradimento dei loro alleati tedeschi, continuando quindi una
forte presenza fascista.
Il giorno seguente allarmistizio italiano con il Regno
Unito e gli USA, lesercito di Hitler lanciava uninvasione
del territorio precedentemente occupato dagli italiani, internando
circa 30.000 prigionieri nei campi di concentramento (in particolare
la risiera di San Sabba). Le forze armate italiane concessero
lintera regione insieme a migliaia di soldati che vennero
eventualmente uccisi o deportati dai tedeschi.
Durante quei giorni di caos e disorientamento, il leader comunista
sloveno Edvard Kardelj guidava un contrattacco per distruggere
i fascisti. La linea di separazione fra gli italiani e i fascisti
era parzialmente offuscata, certamente da decenni di terrore e
brutalità. I partigiani e i contadini jugoslavi, a cui
si unirono i soldati italiani che erano stati abbandonati dal
loro governo e protetti dai partigiani di Tito, catturarono ed
uccisero 250-300 italiani, per la maggior parte fascisti, polizia
e camicie nere. Fra essi, secondo fonti ufficiali, vi erano donne,
bambini ed anziani, possibilmente parenti dei fascisti. I loro
corpi venivano infoibati (cioè gettati nelle foibe).
Circa 2.000 italiani in totale vennero uccisi nel 1943, includendo
uccisioni non correlate alle foibe.
Come indicato dal Resoconto della Commissione Storica e Culturale
Sloveno-Italiana pubblicato a gennaio 2000 da un gruppo di storici
italiani e sloveni, le uccisioni erano motivate non solo
da fattori nazionali e sociali, ma anche da un desiderio di colpire
la classe dirigente locale, un fatto che lalleanza
di destra dei nostri giorni ed i suoi apologeti vogliono ignorare.
Il secondo episodio delle foibe avvenne nel 1945, subito
dopo larresa dei tedeschi. A cominciare dal primo maggio
e per le successive sei settimane, i partigiani jugoslavi procedettero
alloccupazione della costa adriatica al fine di creare uno
stato de facto prima che le forze alleate potessero raggiungere
la zona e assoggettarla al loro controllo. I partigiani di Tito
lanciarono questa campagna per redimere i territori con lobiettivo
di annettere le aree in questione, ancora popolate prevalentemente
da slavi.
Questa campagna consisteva nella persecuzione di chiunque fosse
considerato ostile al nuovo stato emergente, la Jugoslavia. Gli
eventi deragliarono fuori controllo: lOZNA (lagenzia
di servizi segreti), lesercito, bande di croati, serbi,
sloveni e persino italiani parteciparono ad unondata di
repressione contro elementi come gli ustascia, i cetnici, spie,
presunti traditori della lotta popolare, disertori
del popolo, nemici dellarmata popolare
e così via.
Come evidenziato dallo scrittore storico Gianni Oliva nel suo
libro La Resa Dei Conti (edizioni Mondadori, 2000), già
dal 6 maggio la leadership di Tito aveva avvertito che la situazione
stava degenerando ed emise un avviso circa il rischio di atrocità
ed uccisioni per vendetta, ammonendo lOZNA per aver operato
irresponsabilmente.
Ma gli eventi si susseguirono ad una velocità vertiginosa:
centinaia di persone vennero uccise ed i loro corpi gettati nelle
foibe. Testimoni oculari hanno dichiarato che solo cadaveri
venivano buttati nelle buche. Ci sono, tuttavia, casi riportati
di vittime che sarebbero state infoibate vive. A volte, alcuni
venivano fucilati ai margini di una foiba e, nel cadere
dentro, trascinavano con loro qualcuno ancora vivo.
Il numero totale di morti durante quei 40 giorni di sangue,
secondo gli storici più seri, è stabilito a circa
5.000, 570 dei quali sarebbero stati vittime delle foibe.
Il resoconto italo-sloveno di cui sopra dichiara che gli eventi
vennero messi in moto da unatmosfera di resa dei conti
con la violenza fascista; ma, come sembra, procedettero principalmente
da un piano preliminare che includeva varie tendenze: azioni volte
alla rimozione di persone e strutture che erano in una maniera
o laltra (indipendentemente dalla responsabilità
personale) connesse al fascismo, alla supremazia nazista, a collaborazione
con lo stato italiano o ad esso stesso, ed azioni volte alla pulizia
preventiva di oppositori reali, potenziali o solo sospettati del
regime comunista e dellannessione della Venezia Giulia alla
nuova Jugoslavia.
Uno degli aspetti reazionari della corrente campagna di destra
in Italia sulla questione delle foibe è limplicazione
che le vittime dei comunisti sarebbero più
significative di coloro morti per mano italiana, tedesca o uccisi
dagli Alleati.
Il giornalista Indro Montanelli, in un passato non troppo lontano
socio di Berlusconi nella direzione (e proprietà) de Il
Giornale, prima della sua morte nel 2001 dichiarava che le
vittime durante una guerra, come gli jugoslavi uccisi dalla brutalità
fascista, non possono essere paragonate a coloro (gli italiani)
i quali venivano uccisi alla fine della guerra. Inoltre, asseriva
che lItalia non ha mai perseguito politiche di pulizia etnica,
mentre gli stalinisti jugoslavi sarebbero colpevoli di tale crimine.
Riguardo questultimo punto, Montanelli mostrò
semplicemente la sua simpatia per il fascismo quando dichiarava
che la campagna di Italianizzazione di Mussolini negli
anni 20 e 30 e le leggi razziali e antisemite implementate
nei tardi anni 30 in realtà non sono mai successe.
In ultima analisi, lazione del parlamento italiano nellistituire
il cosiddetto Giorno del Ricordo nazionale è
un tentativo della classe dirigente, in concerto con i mass media
e certi intellettuali, di falsificare la storia al fine di giustificare
il suo losco programma attuale. La legittimizzazione del retaggio
fascista e la sua brutalità dovrebbero servire alla classe
lavoratrice come un serio allarme sul vero stato delle relazioni
di classe della democrazia italiana.