Livio Maitan, 1923-2004: una valutazione critica
Prima Parte: Un “trotskista” nel Partito Comunista
Di Peter Schwarz
10 gennaio 2005
Pubblichiamo qui la prima di una serie di tre parti sulla carriera politica di Livio Maitan, morto a Roma a settembre 2004. Pubblicheremo la seconda e terza parte successivamente nel corso di questa settimana. Questa serie è stata precedentemente pubblicata in inglese il 4, 5 e 6
novembre 2004.
Il 16 settembre Livio Maitan si spegneva a Roma all’età di 81 anni. Oltre a Michel Pablo (1911-1996), Ernest Mandel (1923-1995) e Pierre Frank (1906-1984), fu il piú famoso rappresentante del Segretariato Unificato. Ne fu membro della leadership per 53 anni occupando un ruolo determinante nello sviluppo della linea politica.
L’autore di questi commenti è membro del Comitato Internazionale della Quarta Internazionale fondata nel 1953 al fine di difendere il trotskismo ortodosso contro le politiche revisioniste introdotte nella Quarta Internazionale da Pablo. Da allora, il Comitato Internazionale è stato un opponente risoluto, in ogni questione politica importante, della tendenza sostenuta da Pablo, Mandel e Maitan, tendenza sulla cui linea si sviluppò il Segretariato Unificato.
La morte dell’ultimo leader prominente del Segretariato Unificato, che personalmente testimoniò la scissione del 1953, offre un’opportunità per trarre conclusioni politiche. Non si metterà in dubbio l’integrità di Maitan o delle sue convinzioni socialiste. Piuttosto si tratterà di trarre lezioni dalle esperienze storiche che sono essenziali nello sviluppo di un orientamento politico nella situazione odierna.
La vita di Maitan esemplifica la traiettoria logica dei concetti politici che il Segretariato Unificato ha difeso per piú di metà secolo. Al centro di questi concetti c’era la nozione che la riorganizzazione socialista della società non richiedesse il movimento politico indipendente della classe lavoratrice internazionale, conscia quest’ultima del suo compito storico, ma che piuttosto tale riorganizzazione potesse essere implementata da altre forze sociali e politiche che potessero muoversi a sinistra sotto la pressione di eventi oggettivi.
I pablisti sostenevano che “strumenti grezzi” non basati sulla classe lavoratrice—partiti stalinisti, maoisti, eserciti rurali, guerriglieri piccolo-borghesi—potessero condurre, sotto la pressione di eventi oggettivi, verso una direzione rivoluzionaria e preparare il sentiero del socialismo. La conclusione logica di questa posizione era la liquidazione della Quarta Internazionale o—finché il Segretariato Unificato mantenesse un’organizzazione con quel nome—una definizione completamente nuova dei suoi obiettivi politici.
La Quarta Internazionale fu fondata nel 1938 per iniziativa di Leone Trotski perché solo tale partito era in grado di assicurare la continuazione del marxismo e preparare la classe lavoratrice per future lotte di classe. Negli anni ’30, la burocrazia stalinista dell’Unione Sovietica e la Terza Internazionale ormai dominata dallo stalinismo aderirono completamente e definitivamente ad una direzione contro-rivoluzionaria. Nell’URSS la difesa dei privilegi della burocrazia e la soppressione della democrazia dei lavoratori divennero i piú importanti ostacoli ad uno sviluppo economico e culturale. Internazionalmente, il Cremlino utilizzò i partiti comunisti del mondo come pedine delle sue manipolazioni politiche con i poteri imperialisti, una politica che portò a sconfitte disastrose in Germania nel 1933 e in Spagna nel 1938.
Trotski non abbandonò mai la convinzione che, persino durante le peggiori sconfitte della classe lavoratrice, le contraddizioni oggettive dell’ordine capitalista avrebbero di nuovo causato lotte di classe esplosive. La fondazione della Quarta Internazionale fu necessaria per prepararsi a quelle battaglie. I suoi membri erano numericamente pochi, ma incorporava le lezioni ed esperienze di decenni di lotte di classe. Trotski categoricamente escluse un ritorno ad un corso rivoluzionario da parte dei partiti socialdemocratici o di quelli stalinisti. Sebbene avessero reclutato molti lavoratori, questi partiti erano stati trasformati in strumenti nelle mani di ben altri interessi e forze sociali.
La maggior parte delle prognosi e posizioni adottate dal Segretariato Unificato sin dal 1953 oggi può condurci a valutazioni conclusive alla luce di esperienze storiche. Nessuna delle forze sociali e politiche da loro indicate come propellente rivoluzionario e surrogato del movimento indipendente della classe lavoratrice ha soddisfatto le loro aspettative.
Pablo prediceva che, sotto la pressione delle masse, lo stalinismo avrebbe assunto un ruolo rivoluzionario e che la strada al socialismo sarebbe passata attraverso decenni di stati operai deformi, come quelli creati dopo la seconda guerra mondiale nell’Europa dell’est. Questa prognosi è stata smentita dal collasso di questi stati e dell’Unione Sovietica stessa. La burocrazia stalinista ha dato prova di essere—come predetto da Trotski—il boia della Rivoluzione di Ottobre.
Le armate rurali di Mao, celebrate dai pablisti come l’archetipo per il Terzo Mondo e l’implementatore inconscio della teoria di Rivoluzione Permanente di Trotski, non hanno preparato la strada ad un futuro socialista, al contrario si sono rivelate una forma brutale di capitalismo. Gli eredi di Mao oggi organizzano lo sfruttamento della classe lavoratrice cinese per opera di compagnie multinazionali, imponendo salari e condizioni lavorative fra i peggiori nel mondo.
Mentre il Segretariato Unificato idealizzava i movimenti di liberazione nazionale e la loro ricetta di “lotte armate”, nessuno di essi ha raggiunto un grado di reale indipendenza dall’imperialismo. Tutti questi movimenti hanno confermato la prognosi di Trotski, in negativo, che in paesi con un ritardato sviluppo capitalistico “la completa e genuina soluzione dei loro sforzi per raggiungere la democrazia ed emancipazione nazionale è concepibile solamente attraverso la dittatura del proletariato, quest’ultimo alla guida della nazione sottomessa, specialmente le masse rurali.” (1)
I concetti politici del Segretariato Unificato non erano solo equivoci, giocarono un ruolo determinante nel mondo intero disorientando gioventù e lavoratori, i quail cercavano un’alternativa al capitalismo durante i grandi movimenti sociali degli anni sessanta e settanta.
Il momento che le speranze del Segretariato Unificato, basate sullo stalinismo e su nazionalisti piccolo-borghesi, si rivelarono illusori, l’organizzazione si spostò ulteriormente a destra ritirandosi nella sfera dello stato capitalista. È significativo che Maitan trascorse gli ultimi 13 anni della sua vita politica fra i ranghi di un partito che serví da sostegno ai governi di centro-sinistra di Romano Prodi e Massimo D’Alema. Dal 1991 al 2001 fece parte della direzione di Rifondazione Comunista, una delle organizzazioni eredi del Partito Comunista.
Nella sua ultima apparizione pubblica internazionale, al 15esimo Congresso Mondiale del Segretariato Unificato nel febbraio 2003, si congratulò con un membro brasiliano del Segretariato Unificato, il quale occupa la posizione di ministro nel governo borghese del presidente Inàcio “Lula” da Silva.
Maitan aderisce alla Quarta InternazionaleLivio Maitan nacque nel 1923 a Venezia, sei mesi dopo la presa di potere di Mussolini. Crebbe nell’Italia fascista conseguendo una laurea in lettere classiche all’Università di Padova. Negli ultimi anni della guerra, aderí alla resistenza socialista contro l’occupazione nazista e fu eventualmente forzato ad espatriare in Svizzera, dove testimoniò la fine della guerra in un campo d’internamento. Piú tardi divenne un organizzatore del movimento socialista giovanile. Nel 1947, durante un congresso socialista a Parigi, conobbe Ernest Mandel ed aderí alla Quarta Internazionale.
Era questo il periodo in cui le idee di Trotski iniziarono ad essere messe in discussione da sezioni della leadership della Quarta Internazionale. Quando Maitan entrava nella direzione della Quarta Internazionale nel 1951, Pablo, allora segretario, aveva pienamente formulato la sua posizione revisionista che, due anni dopo, avrebbe causato una scissione all’interno del movimento trotskista. Era in quell’anno che il documento di Pablo intitolato “Dove Stiamo Andando?” venne pubblicato. In esso, Pablo dichiarava che la realtà sociale “consiste essenzialmente nel regime capitalista e nel mondo stalinista” e che “la stragrande maggioranza delle forze che oppongono il capitalismo in questo momento possono essere trovate solo nella leadership o influenza della burocrazia sovietica.” (2)
Questo concetto, formulato all’inizio della Guerra Fredda, ignorava la classe lavoratrice sostituendo la lotta di classe, ormai dominante in entrambi i campi, con il conflitto fra l’Unione Sovietica e l’imperialismo statunitense. Pablo credeva che la rivoluzione socialista sarebbe iniziata nella forma di una Guerra fra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, nella quale la burocrazia sovietica avrebbe giocato un ruolo di direzione a capo di “forze opposte al capitalismo”. Sotto tali condizioni, non rimaneva altro per la Quarta Internazionale che entrare nei partiti stalinisti—“l’integrazione nel vero movimento di massa”, come disse Pablo.
Nel 1953, il Socialist Workers Party (Partito Socialista dei Lavoratori) negli USA pubblicò la sua “Lettera Aperta”, respingendo le posizioni di Pablo e indicendo la fondazione del Comitato Internazionale, al quale aderirono, fra le altre, la sezione britannica e la maggior parte di quella francese.
Durante il conflitto, Maitan si schierò dalla parte di Pablo, Mandel e Frank, leader della minoranza francese, e rimase membro attivo del Segretariato Unificato per il resto della sua vita. Pubblicò vari libri—su Antonio Gramsci, Leone Trotski, il Partito Comunista Italiano, la Rivoluzione Cinese, la Rivoluzione Culturale Cinese e la fine dell’Unione Sovietica—dei quali solo alcuni vennero tradotti in altre lingue. Scrisse anche regolarmente per le pubblicazioni del Segretariato Unificato e si fece un nome come il traduttore italiano delle opere di Trotski.
In Italia, Maitan fu la personalità pubblica della sezione italiana del Segretariato Unificato per mezzo secolo.
Maitan e il Partito Comunista ItalianoL’adattamento dei pablisti allo stalinismo ebbe conseguenze particolarmente importanti in Italia. Il partito stalinista comunista operò determinante influenza nella vita politica italiana, un fenomeno che, a parte la Francia, non si verificò in nessun altro paese industrializzato.
Ciò fu dovuto alla sua storia peculiare. Il Partito Comunista Italiano (PCI) trascorse vasta parte della sua esistenza nell’illegalità e nella lotta contro il regime di Mussolini. Famosi leader come Antonio Gramsci caddero vittime del fascismo. Nella Resistenza, che si sviluppò contro l’occupazione tedesca e il rimanente stato di Mussolini dopo l’invasione degli Alleati, il PCI era la forza trainante. Ciò facilitò la formazione di radici solide fra la popolazione. Era la forza dominante specialmente in molte regioni dell’Italia settentrionale e in Toscana, ove molte famiglie avevano perso i loro cari nella lotta di Resistenza. La direzione di partito, tuttavia, sotto Palmiro Togliatti consisteva di fedeli servi di Mosca. Molti leader riuscirono a sopravvivere al fascismo in esilio nell’Unione Sovietica e furono profondamente implicati nei peggiori crimini commessi da Stalin.
In conformità con la linea di Stalin, il PCI difese incondizionatamente il sistema borghese dopo la caduta di Mussolini. Nella primavera del ’44, solo pochi mesi dopo la caduta del dittatore e la resa ufficiale dell’Italia, il PCI aderí al governo del Maresciallo Pietro Badoglio prevenendo quindi una spaccatura radicale dal passato fascista e una riorganizzazione rivoluzionaria della vita politica. Grazie al PCI, l’élite sociale e politica che per 20 anni aveva basato il proprio potere sulla dittatura di Mussolini, riuscì a sopravvivere indenne la propria caduta.
Il PCI fece parte di tutti i governi nazionali di coalizione che si avvicendarono rapidamente fino a maggio 1947. L’inizio della Guerra Fredda, tuttavia, prevení ulteriori partecipazioni nel governo. Washington non era pronto ad accettare un ministro comunista che avesse connessioni dirette a Mosca in un paese che rappresenta un pilastro portante della NATO. Sicché dovettero passare altri 50 anni affinché il PCI—trasformatosi nel frattempo in Democratici di Sinistra (DS)—potesse detenere un ministero a Roma.
Nonostante tutto, durante questi 50 anni, il PCI rimase un sostegno decisivo del sistema borghese in Italia, Infatti, si può affermare senza esagerazioni che ne era la sua spina dorsale. Era l’unico partito nel paese che avesse una base di supporto di massa e una struttura organizzativa centralizzata con solide basi. I Democristiani, partito di governo permanente, consistevano di vari gruppetti fra loro in triviali contrasti, il cui successo elettorale era dovuto principalmente all’influenza della Chiesa Cattolica. I partiti minori—i Socialisti, Socialdemocratici, radicali e liberali—non erano altro che rappresentazioni di vari gruppi lobbistici.
Il PCI giocò un ruolo politico in Italia simile a quello del SPD (Partito Social-Democratico) in Germania e del Labour Party nel Regno Unito. Nel periodo del boom del dopoguerra, fu l’intermediario del conflitto di classe. L’Italia, prevalentemente agraria e povera—con l’eccezione del nord industrializzato—attraversò un processo di veloce industrializzazione che ebbe come risultato una forte crescita nel tenore di vita. Per la prima volta, famiglie potevano permettersi una televisione, una macchina, una vacanza, e tante altre cose che non erano state possibili fino allora. Durante questo periodo, la proporzione di voti per il PCI aumentò costantemente, da circa il 20 per cento nella prima elezione del dopoguerra al 34 per cento nel pieno degli anni ’70, al picco del boom economico. Dopo di ciò, alla luce di problemi sociali in aumento, perse voti con ogni elezione.
Una strategia rivoluzionaria socialista durante il periodo del dopoguerra avrebbe preparato la classe lavoratrice ad una separazione inevitabile con il PCI. Propaganda e iniziative tattiche avrebbero esposto il PCI—ad esempio, rendendo la classe lavoratrice conscia dell’irriconciliabile contraddizione fra i suoi interessi a lungo termine e le politiche del PCI e sviluppando dei quadri politicamente consci su questa base. Il punto d’inizio per tale strategia sarebbe stato una comprensione del ruolo controrivoluzionario dello stalinismo.
Maitan era per una prospettiva completamente differente. Vedeva il PCI non come un sostegno per il sistema capitalista, ma piuttosto come uno strumento attraverso il quale poteva svilupparsi un movimento rivoluzionario della classe lavoratrice. In un libro di 200 pagine circa la teoria e la politica del PCI, pubblicato nel 1959 e riedito nel 1969, scrisse:
“Il PCI è la forma di organizzazione politica in cui il movimento del dopoguerra di masse di lavoratori e contadini in Italia si manifesta. In altre parole, è all’interno di questa organizzazione e attraverso la sua mediazione che le forze sociali decisive, che combattono per una radicale riorganizzazione della struttura della società attuale, si esprimono. Per quanto il PCI voglia mantenere l’influenza di massa di cui gode, la leadership deve—seppure in forma deformata—articolare la realtà della lotta di classe in cui è immersa.”
Ciò, secondo Maitan, era “il fattore sociale importante che spiega la realtà del PCI; spiega perché decine di migliaia di quadri proletari rimangono fedeli al partito, persino quando hanno perso illusioni di saggezza e infallibilità della leadership.” (3)
Qui, la realtà è completamente capovolta. Sebbene il PCI fosse la barriera decisiva di un’offensiva della classe lavoratrice dopo la guerra e potesse mantenere la sua influenza sul movimento operaio a causa delle concessioni sociali del dopoguerra, Maitan dichiara che i lavoratori erano fedeli al PCI perché incorporava le loro ambizioni rivoluzionarie, perché articolava “la realtà della lotta di classe”.
Naturalmente, Maitan non poteva completamente ignorare il supporto del PCI allo stato borghese e il carattere burocratico della sua leadership. Cosí asserí che il partito ha un duplice carattere: “la contraddizione del PCI è basata sul fatto che non è piú un partito rivoluzionario e rifiuta esplicitamente la prospettiva della conquista rivoluzionaria di potere, ma a causa della sua origine e natura non può essere né divenire un partito del tutto riformista.” (4)
Maitan giustificava questa presunta impossibilità di trasformazione del PCI in un “partito del tutto riformista” sostenendo che il suo “revisionismo neo-burocratico non esprime l’influenza sociale della borghesia o dell’imperialismo nel movimento operaio, ma piuttosto l’influenza della casta burocratica nell’URSS, questa forza conservatrice ma tuttavia anti-capitalista.” (5) Tale concetto era in diretta opposizione con quello di Trotski. Trotski insisteva che la burocrazia stalinista era uno “strumento della borghesia mondiale nel movimento operaio” (6) e come tale giocava un ruolo non anti-capitalista ma controrivoluzionario nell’Unione Sovietica e in campo internazionale.
Le conclusioni politiche che scaturiscono dalla concezione di Maitan sul PCI sono un filo portante di tutto il lavoro dei pablisti italiani.
Già nel 1951, membri dell’organizzazione di Maitan, i Gruppi Comunisti Rivoluzionari (GCR), seguirono le raccomandazioni di Pablo e aderirono al PCI. Sebbene un piccolo nucleo organizzativo e il giornale Bandiera Rossa rimanessero attivi, la vasta maggioranza dei membri lavorò fino al 1969 fra le file degli stalinisti. E nel PCI non potevano lavorare liberamente. “Vivevamo nel PCI come eremiti perché non esprimevamo la nostra differenza di opinione. Aspettavamo, finché la situazione maturasse.” disse ad uno storico un membro di quei tempi. (7)
Il fatto che una grande parte della classe lavoratrice italiana fosse influenzata dal PCI significava che il lavoro al suo interno non si poteva ignorare. Sotto simili circostanze i trotskisti sotto Gerry Healy lavorarono con successo all’interno del Labour Party fra il 1947 e il 1959. Tuttavia, le tattiche di inserimento dei trotskisti britannici erano guidate da una prospettiva completamente differente da quella del GCR sotto Livio Maitan. I britannici non avevano alcun dubbio circa il carattere controrivoluzionario del Labour Party. Il loro lavoro fu orientato a tale proposito verso la preparazione della classe lavoratrice all’inevitabile spaccatura dal partito. Combatterono un’aspra battaglia contro la burocrazia di partito e su tale base furono in grado di sviluppare un quadro marxista—con successo. Nel 1963, il movimento giovanile del Labour Party, i Young Socialists (Giovani Socialisti), aderí al partito dei trotskisti britannici, il Socialist Labour League.
La prospettiva pablista di Maitan portò a risultati completamente differenti. Se il PCI era la “forma politica-organizzativa” in cui “il movimento di massa dei lavoratori e contadini si manifesta,” e se era stato forzato “ad articolare la realtà della lotta di classe” per non perdere la loro influenza, allora l’obiettivo dei trotskisti non era quello di separare i lavoratori dal PCI ma di lavorare fedelmente nelle sue file. Tale prospettiva fece del GCR niente piú di un escamotage di sinistra per lo stalinismo. Sebbene criticassero la direzione di partito su vari campi, tutto sommato supportavano e promuovevano l’illusione che si sviluppasse in una direzione rivoluzionaria.
Allo stesso tempo, questo orientamento tagliò la classe lavoratrice italiana fuori dalla prospettiva della Quarta Internazionale. In Italia, ove non è mai esistita una sezione del Comitato Internazionale, il fatto che Livio Maitan, il piú conosciuto trotskista, supportasse il PCI respulse lavoratori e studenti che erano in forte contrasto con il PCI negli anni sessanta e settanta. La radicalizzazione durante questi anni non si orientò verso la Quarta Internazionale, ma intraprese la strada del maoismo e anarchismo o finí nel vicolo cieco della “lotta armata” e del terrorismo. Quest’ultimo, alla fine degli anni ’70, assunse proporzioni considerevoli e facilitò una crisi profonda all’interno della sinistra italiana.
Maitan contribuí a questo sviluppo in due maniere. Primo, perseverò con l’idea di rimanere fedele al PCI—persino nel 1968, quando la maggioranza della sua stessa organizzazione occupava una posizione diversa, causando una scissione del GCR. Da un altro lato, come rappresentante leader del Segretariato Unificato, Maitan coltivò illusioni nel maoismo e nella “lotta armata”, che furono strumentali nel disorientamento del movimento militante di quegli anni.
Da continuare
Note:
1) Leone Trotski, The Permanent Revolution, New Park, p.152
2) Citato da David North, The Heritage We Defend, Labor Publications, Detroit, 1988, p.185. Questo libro contiene un’estesa esposizione della scissione del 1953 e i conflitti fra il Segretariato Unificato e il Comitato Internazionale.
3) Livio Maitan, PCI 1945-1969: stalinismo e opportunismo, Roma 1969, p.195.
4) Ibid. p.201.
5) Ibid. p.199. (Enfasi aggiunta.)
6) LeoneTrotski, The Transitional Program, Labor Publications, New York, 1981
7) Intervista con F.Villani in: Yurii Colombo, Il movimento trotskista in Italia durante la stagione dei movimenti sociali, http://www.giovanetalpa.net/movtrot.htm
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